Indice
- Premessa
- Cosa sono i Neomateriali?
- Caso studio: il tessuto ecologico derivanti dalle foglie dell’ananas, ecco Piñatex
- Caso studio: il tessuto ecologico derivante dalle foglie di fico d’India, ecco Desserto
- Caso studio: il tessuto ecologico derivante dalle bucce d’arancia, ecco Orange Fiber
- Conclusioni
Premessa
L’attuazione di modelli di business circolari richiede di ripensare all’utilizzo delle risorse. Per ottimizzarne l’uso occorre produrre e consumare in modo intelligente e ottimale eliminando e minimizzando gli sprechi di produzione.
Gli attuali processi di produzione e di consumo non producono soltanto prodotti e servizi, ma anche rifiuti, sotto forma di agenti inquinanti rilasciati nell’ambiente, pezzi inutilizzati di materiali (legno o metallo) o alimenti non consumati.
Lo stesso vale per i prodotti alla fine del loro periodo di vita. Alcuni potrebbero essere parzialmente riciclati o riutilizzati, mentre altri vengono smaltiti in discariche o inceneritori.
L’Economia CircolareL’economia circolare è un modello economico che prevede un sistema di produzione e consumo che implica la condivisione, il prestito, il riutilizzo, la riparazione, il ricondizionamento e il riciclo dei materiali e... prevede misure finalizzate alla riduzione del tasso di estrazioni di nuove materie prime naturali, all’aumento della produttività delle risorse, ma anche del riciclaggio e del riutilizzo.
In questo senso, occorre necessariamente pensare a risorse naturali alternative, che riducano l’impatto ambientale di quelle attuali, che possano diventare sottoprodotti e che vengano impiegate in prodotti riutilizzabili e riciclabili. Tra queste rientrano i cosiddetti Neomateriali.
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Cosa sono i Neomateriali?
Quando parliamo di Economia Circolare dal punto di vista dei materiali, veri “protagonisti fisici” della produzione industriale, facciamo riferimento ai cosiddetti Neomateriali.
I NeomaterialiPer definizione i Neomateriali sono materiali innovativi, derivanti da processi produttivi che seguono i principi dell'Economia Circolare. Esistono 3 grandi categorie di neomateriali: • i "bio-based", materiali di origine vegetale... (e.g. materiali circolari, o circular materials), acquisiscono questa denominazione perché vengono prodotti grazie all’uso di fonti rinnovabili, quindi ad alto potere rigenerativo, e trasformati seguendo precise logiche di conservazione delle risorse.
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Nel libro “Neomateriali nell’Economia Circolare”, a cura di Anna Pellizzari ed Emilio Genovesi, sono state identificate tre grandi famiglie di Neomateriali.
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Bio-based
In questa categoria rientrano tutti quei materiali che si fondano su cicli naturali di sviluppo nell’ambito del regno vegetale e animale, come i microrganismi.
Grazie ai recenti progressi tecnologici, il loro utilizzo è stato completamente rivoluzionato, estendendo le applicazioni a nuovi settori e creando così uno sfruttamento delle risorse più intelligente e sostenibile.
Neo-classici
La seconda categoria riguarda i materiali denominati “neo-classici”, ossia i cosiddetti materiali riciclati, ormai stabilmente entrati in diversi processi produttivi.
Difatti, il riciclo è una pratica con innumerevoli vantaggi. Per esempio:
- minimizza l’impatto ambientale provocato da altre tecniche di smaltimento, come la discarica o l’inceneritore;
- riduce il consumo di risorse naturali;
- abbatte i costi sulla produzione;
- contrasta le emissioni di CO2 nell’atmosfera.
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Ex-novo
L’ultima categorie racchiude i materiali chiamati “ex-novo”. Si tratta di una famiglia molto variegata, composta da materiali che potremmo considerare “finali” perché collocati al termine di catene produttive e di smaltimento.
Alcuni materiali che fanno parte di questa categoria sono:
- gli scarti derivanti da processi di trasformazione di materie prima bio-based destinate ad un consumo alimentare e cosmetico;
- reflui da lavorazioni industriali o impianti di depurazione;
- materiali da demolizione;
- polveri post-incenerimento e terre di spazzamento strade.
Caso studio: il tessuto ecologico derivanti dalle foglie dell’ananas, ecco Piñatex
L’ananas è un frutto subtropicale, coltivato in paesi come Filippine, Taiwan, Brasile, Hawaii, India e Indonesia. Tuttavia la produzione di fibre tessili ricavate dalla pianta dell’ananas è riconducibile alle Filippine.
La fibra che proviene dalle foglie e dalla pianta dell’ananas è tra le fibre in cellulosa più sottili che esistano e spesso, infatti, viene definita seta di ananas.
Dalla fibra dell’ananas si producono tessuti con un aspetto simile al lino, ma molto più lucenti e morbidi, di colore bianco o avorio. Inoltre questi tessuti sono anche molto leggeri, traspiranti, resistenti e di facile lavaggio.
Come si ricava la fibra tessile dall’ananas?
Nel secolo XIX il tessuto ricavato dalle foglie dell’ananas era così richiesto che veniva commercializzato in tutto il mondo ma, da quando i tessuti in cotone hanno acquisito popolarità perché più economici, la produzione di filati derivanti dalla pianta dell’ananas è quasi cessata.
La lavorazione dell’ananas per la produzione di tessuti è poi continuata in piccole zone rurali subtropicali, solamente perché questa pratica faceva parte della tradizione secolare popolare.
Da qualche anno, però, grazie all’interesse verso la sostenibilità e i NeomaterialiPer definizione i Neomateriali sono materiali innovativi, derivanti da processi produttivi che seguono i principi dell'Economia Circolare. Esistono 3 grandi categorie di neomateriali: • i "bio-based", materiali di origine vegetale..., i produttori locali hanno ripreso a commercializzare fibre e tessuti derivanti dalle foglie di ananas.
Il tessuto Piñatex
La designer spagnola Carmen Hijosa si è ispirata ad alcuni abiti della tradizione filippina per sviluppare una ecopelle ricavata dalle foglie dell’ananas: Piñatex.
Infatti Carmen, nel 2013, ha fondato a Londra la startup Ananas Anama, l’azienda sviluppatrice e produttrice dell’innovativo ‘tessuto non tessuto’ a marchio Piñatex.
Questo tessuto è rispettoso dell’ambiente al 100%, in quanto deriva da elementi di scarto del frutto che non richiedono aggiunta d’acqua o fertilizzanti e, inoltre, funge da concime al momento del suo smaltimento.
Un tessuto ecologico che rispetta i principi dell’Economia Circolare
Il tessuto Piñatex è ricavato dalla raccolta delle foglie di ananas, che vengono decorticate con uno strumento che ne elimina la clorofilla e le secca, riducendole a una fibra naturale simile alla pelle per aspetto e consistenza. Questo tessuto viene utilizzato per la realizzazione di scarpe, borse, cappelli, accessori per smartphone, sedili per auto ed elementi d’arredo.
La startup Ananas Anam lavora secondo i principi dell’Economia Circolare, combinando ricerca e innovazione per contribuire al benessere del pianeta terra e degli esseri umani tramite la sostenibilità dell’intero Ciclo di Vita dei prodotti. Si ispira all’approccio Cradle to Cradle® per sostenere politiche ecologiche, intelligenti e innovative all’interno del panorama economico in cui opera.
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La ecopelle a marchio Piñatex
Questa ecopelle leggera, traspirante ed elastica è stata testata secondo gli standard ISO internazionali per la sua resistenza alla luce e per la sua tenuta dei colori.
Il suo vantaggio competitivo è rappresentato dalla versatilità del materiale Piñatex, il quale può essere tinto, stampato e prodotto in consistenze diverse, mantenendo invariate le sue prestazioni. Questa peculiarità rende perfetto l’utilizzo dell’ecopelle non solo per accessori e capi d’abbigliamento, ma anche prodotti di settori molto diversi tra loro (come quello automobilistico).
Caso studio: il tessuto ecologico derivante dalle foglie di fico d’India, ecco Desserto
Grazie alla lavorazione del fico d’India, i messicani Adrián López e Marte Cazárez hanno creato, dopo due anni di analisi, la prima alternativa vegetale alla pelle. Il neomateriale, chiamato Desserto, ha fatto il suo debutto alla manifestazione Lineapelle del 2019 a Milano.
L’idea dei due fondatori è nata dall’intento comune nel realizzare un’alternativa alla pelle che fosse ecosostenibile ed etica, ma che allo stesso tempo garantisse resistenza e traspirabilità.
Tuttavia, la decisione di sfruttare il fico d’India, molto diffuso in Messico, per la creazione di una ecopelle è nata quasi per caso. Adrián e Marte, analizzando la pianta, si erano accorti di quanto questa fosse ampiamente utilizzata nel settore della cosmesi. Da qui l’intuizione: “Se il fico d’India è buono per la pelle, perché non usarlo per creare la pelle?”.
Il Neomateriale Desserto
Desserto è un materiale sostitutivo alla pelle animale, e per questo vegan friendly, e alla similpelle. Inoltre può essere impiegato per la realizzazione di numerosi oggetti, come abiti, borse, cinture, cinturini per gli orologi e poltrone.
L’impiego del nuovo tessuto vegetale, oltre a soddisfare la domanda dei consumatori che non intendono acquistare oggetti in pelle animale, apporta un enorme beneficio ai produttori locali che coltivano fichi d’India.
Caso studio: il tessuto ecologico derivante dalle bucce d’arancia, ecco Orange Fiber
Orange Fiber, fondata nel 2014 da Adriana Santanocito ed Enrica Arena, è l’azienda italiana che produce tessuti sostenibili tramite la lavorazione dei sottoprodotti derivanti dagli agrumi. Il segreto di questo Neomateriale risiede nella cellulosa che si ricava dalle bucce dell’arancia.
Infatti, come raccontano le due fondatrici, la filiera produttiva di questo nuovo materiale parte proprio all’interno degli stabilimenti industriale:
“La nostra filiera parte dai grandi impianti industriali che spremono le arancia al fine di produrre prodotti commercializzabili come i succhi. Qui noi prendiamo il sottoprodotto che queste fabbriche producono e ne estraiamo la cellulosa. Successivamente le fasi di filatura e di tessitura vengono delegate rispettivamente in Spagna e a Como, grazie ad accordi con aziende partner. Abbiamo deciso di sfruttare questa catena produttiva per le opportunità non sfruttate all’interno del settore.
Per capire il suo potenziale, abbiamo analizzato diverse ricerche di mercato, le quali dicono che mediamente un impianto in Sicilia lavora tra le 40mila e le 60mila tonnellate all’anno di agrumi. Considerando che la metà è sottoprodotto, quindi stiamo parlando di una grossa quantità, è facile capire il perchè di questa nostra scelta di mercato.
Grazie alla scalabilità della produzione ad oggi per fare 1 metro quadrato di tessuto impieghiamo 5 chili di arance e 2,5 chili di bucce”.
Il risultato è un tessuto che, a livello estetico e di performance, non ha nulla da invidiare a quelli a cui siamo abituati. Questo ha permesso ad Orange Fiber di attirare l’attenzione di famosi marchi come Salvatore Ferragamo, con il quale lo scorso aprile ad stata lanciata una capsule collection.
Conclusioni
Questi sono solo alcuni esempi di realtà che hanno creato dei Neomaterili innovativi. Come si evince da ciascun caso studio, l’intento comune è quello di dare vita a nuovi settori sfruttando le possibilità intrinseche di altri, come nel caso di Desserto e di Orange Fiber.
L’aspetto interessante è proprio questo: mettere sempre in discussione la fine di un processo produttivo e domandarsi sempre se quello scarto può essere utile o meno in altri contesti, permette di creare nuove filiere circolari e sostenibili.
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Crediti
- Cure Naturali – consultato a dicembre 2020
- Forbes – consultato a dicembre 2020
- Green – consultato a dicembre 2020
- GreenMe – consultato a dicembre 2020
- Orange Fiber – consultato a dicembre 2020
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