Rifiuti Speciali

Scopri la definizione di rifiuti speciali, le differenze con i rifiuti urbani e l'importanza della loro corretta gestione. Approfondisci i codici CER, le classi di rifiuti speciali e la normativa in vigore.

Cos’è un rifiuto

Per capire fino in fondo cos’è un rifiuto speciale, dobbiamo partire dalle basi e avere ben in mente la definizione di rifiuto, che si differenzia da quelle di materia prima seconda e sottoprodotto.

Secondo l’ultimo aggiornamento del D.L. 25/2010, è definito rifiuto quella sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia intenzione o l’obbligo di disfarsi.

Definizione di rifiuti speciali

I rifiuti speciali, noti anche come rifiuti industriali, sono sfridi di produzione derivanti dai processi di produzione delle aziende.

A causa della loro peculiarità, richiedono un’apposito iter di gestione e un adeguato smaltimento.

A causa della loro abbondanza, sono soggetti a una precisa classificazione secondo la normativa vigente.

Differenza tra rifiuto speciale e rifiuto urbano

Per comprendere appieno la differenza tra questi due cluster di rifiuti non dobbiamo concentrarci sulla composizione fisica o chimiche, bensì su due aspetti in particolare: la provenienza e i soggetti che li gestiscono.

Partendo dal primo aspetto, etichettiamo come rifiuti speciali quei materiali di scarto che derivano da un particolare processo di lavorazione all’interno di uno stabilimento produttivo.

Definiamo, invece, rifiuti urbani quelle materie che hanno una derivazione domestica, ovvero vengono prodotti da noi cittadini all’interno delle nostre abitazioni.

L’altro aspetto chiave, come accennato in precedenza, riguarda i soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti speciali. Nel caso dei rifiuti urbani, è la pubblica amministrazione a occuparsi della loro gestione, come probabilmente già saprai. D’altra parte, i rifiuti speciali vengono gestiti e smaltiti da un sistema di aziende private autorizzate a svolgere tali operazioni. In questo senso, la Simbiosi Industriale è una strategia fondamentale per affrontare la gestione dei rifiuti speciali in modo sostenibile.

Cosa sono i codici CER

Il Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER) è una lista, stabilita dalla direttiva 75/442/CEE, dei diversi tipi di rifiuti.

Il CER è stato recepito in Italia il 1° gennaio 2002 grazie alla decreto legislativo 3 aprile 152/2006 in sostituzione alla normativa vigente: la direttiva 2000/532/CE.

Il principale obiettivo del CER è quello di dare linee guida comuni per l’individuazione dei rifiuti, compito che ricordiamo spetta al produttore dei rifiuto, e per sapere nel dettaglio come poterli gestire, soprattutto se si tratta di rifiuti speciali, ancor di più se pericolosi.

Ogni rifiuto all’interno del catalogo è identificato tramite un codice a sei cifre suddivise in tre coppie:

  • La prima coppia, va da 00 a 20 identifica la classe, ovvero la fonte del rifiuto;
  • La seconda indica il sottoclasse, va da 01 a 09, che rappresenta lo specifico processo produttivo che ha generato il rifiuto;
  • La terza individua la categoria, va da 01 a 99, che indica le sostanza presenti all’interno dei rifiuto, quindi la tipologia.

Facciamo un esempio per comprendere meglio.

Il codice CER 15 01 06 identifica i rifiuti di imballaggi misti.

In questa guida puoi trovare una panoramica generale sui CER, ma se vuoi approfondire il tema, ti consigliamo di leggere l’articolo presente sul sito di Rifiutoo: Cos’è il CER.

Classi codici CER

Come abbiamo detto in precedenza la prima coppia di numeri che compone i codici CER rappresenta la classe del rifiuto.

Per “classe” si intende il settore industriale da cui la sostanza è stata originata. Di queste classi ne esistono venti:

  • rifiuti derivanti da prospezione, estrazione da miniera o cava, nonché dal trattamento fisico o chimico di minerali;
  • rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca, preparazione e lavorazione di alimenti;
  • rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli, mobili, polpa, carta e cartone. In questo caso particolare i poliaccoppiati e imballaggi provenienti dalla raccolta differenziata possono anche seguire un’altra strada: quella dell’End of Waste;
  • rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce, e dell’industria tessile;
  • rifiuti della raffinazione del petrolio, purificazione del gas naturale e trattamento pirolitico del carbone;
  • rifiuti dei processi chimici inorganici;
  • rifiuti dei processi chimici organici;
  • rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati), adesivi, sigillanti e inchiostri per stampa;
  • rifiuti dell’industria fotografica;
  • rifiuti provenienti da processi termici;
  • rifiuti prodotti dal trattamento chimico superficiale e dal rivestimento di metalli ed altri materiali; idrometallurgia non ferrosa;
  • rifiuti prodotti dalla sagomatura e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastica;
  • oli esauriti e residui di combustibili liquidi (tranne oli commestibili ed oli di cui ai capitoli 05, 12 e 19);
  • solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto (tranne 07 e 08);
  • rifiuti di imballaggio; assorbenti, stracci, materiali filtranti e indumenti protettivi (non specificati altrimenti);
  • rifiuti non specificati altrimenti nell’elenco;
  • rifiuti dalle attività di costruzione e demolizione (compreso il terreno prelevato da siti contaminati);
  • rifiuti prodotti dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate (tranne i rifiuti di cucina e di ristorazione non direttamente provenienti da trattamento terapeutico);
  • rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti, impianti di trattamento delle acque reflue fuori sito, nonché dalla potabilizzazione dell’acqua e dalla sua preparazione per uso industriale;
  • rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata.

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Numeri rifiuti speciali in Europa

Il rapporto dell’AEA (Prevention of hazardous waste in Europe) del 2015 sulla prevenzione dei rifiuti pericolosi in Europa – che esamina le tendenze attuali delle quantità di rifiuti pericolosi prodotti sia in Europa che nei singoli Paesi – evidenzia che nel 2012 questi rifiuti rappresentano quasi il 4% del totale dei rifiuti prodotti nell’UE.

I settori principali di produzione sono l’edilizia, l’estrazione mineraria e i settori domestici e di gestione dei rifiuti. Il rapporto sottolinea che la produzione totale di rifiuti pericolosi è aumentata leggermente dal 2008.

Mentre molti programmi di prevenzione dei rifiuti cercano di ridurre la produzione di rifiuti pericolosi, questi ricevono meno attenzione rispetto agli aspetti gestionali e presentano limitazioni di sostegno finanziario. Il rapporto evidenzia anche i problemi di qualità dei dati dovuti ai cambiamenti nella classificazione dei rifiuti e nella definizione di rifiuti pericolosi, che possono influire sulla definizione degli obiettivi nazionali e sugli indicatori.

Numeri rifiuti speciali in Italia

Secondo quando riporta il rapporto “Programmazione Nazionale per la Gestione dei Rifiuti – PNGR” del 2021, i rifiuti speciali gestiti in Italia sono pari a 164, 5 milioni di tonnellate, delle quali 154,7 milioni di tonnellate (il 94%) sono rifiuti non pericolosi e 9,8 milioni di tonnellate (il 6%) sono rifiuti pericolosi.

Da evidenziare come, rispetto al 2018, siano aumentate le tonnellate di rifiuti gestiti, circa il 7,8% in più.

In particolare tra le forme di gestione principali troviamo:

  • per il 68,9% (113,3 milioni di tonnellate) il recupero della materia;
  • per il 10,9% (17,9 milioni di tonnellate) altre operazioni di smaltimento;
  • per il 7,3% (12 milioni di tonnellate) la discarica;
  • per il 1,2% (2 milioni di tonnellate) attività di coincenerimento;
  • per il 0,7% (1,2 milioni di tonnellate) attività di incenerimento.

Categorie rifiuti speciali

Secondo il rapporto ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), riferito all’anno 2019, sono vari i settori dai quali vengono prodotti i rifiuti speciali in Italia.

Troviamo a livello di percentuali prodotte i seguenti settori:

  • Costruzioni – 45,5%
  • Trattamento rifiuti e attività di risanamento – 25,1%
  • Attività manifatturiere – 18,9%
  • Servizi, commercio e trasporto – 4,5%
  • Acqua e gestione reti fognarie – 3.3%
  • Energia elettrica, gas, vaore e aria – 1,3%
  • Estrazioni minerarie – 1%
  • Agricoltura, caccia, selvicoltura e pesca – 0,2%
  • Pubblica amministrazione, istruzione e sanità – 0,2%

Normativa rifiuti speciali

Infografica con scritto: Rifiuti pericolosi ("hazardous waste") sono derivati da processi di lavorazione al cui interno sono presenti sostanze tossiche e inquinanti e richiedono trattamenti speciali

La normativa che attualmente viene utilizzata per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti speciali è il decreto legge 116/2020, decreto punto di riferimento più in generale per la gestione dei rifiuti in Italia.

Questo aggiornamento è nato come recepimento delle direttive europee sull’Economia Circolare, cosa che ha portato a una revisione di diversi aspetti del Codice dell’Ambiente del 2006 (D. L. 152/2006).

All’interno del testo di legge vengono individuate differenze quali:

  • Differenza tra rifiuti speciali e urbano;
  • Differenza tra rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi.

Ma la principale innovazione è nel numero maggiorato di figure coinvolte nella gestione dei materiali e dei rifiuti e nell’estensione della responsabilità dello smaltimento.

La responsabilità della gestione invece rimane al produttore del rifiuto, il quale però dopo averlo consegnato ai soggetti autorizzati, detiene ancora la responsabilità sui materiali.

La responsabilità si espande anche per tutti le questioni relative alla gestione pratica dei rifiuti, area che comprende anche tutta la parte di codifica del CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti) fino ad arrivare alla gestione del deposito temporaneo.

Documenti di autorizzazione: FIR

è Il FIR (Formulario di Identificazione dei Rifiuti) è il documento a livello normativo che deve essere sempre presente e allegato al rifiuto nelle fasi di trasporto garantendone così la tracciabilità

Il FIR però non è l’unico documento utile alla gestione del trasporto dei rifiuti. Infatti, nel caso dei rifiuti speciali pericolosi la documentazione da redigere è molto più estesa e segue le indicazioni a livello normativo che nello specifico sono l’ADR (Accord Dangereuses Route) e il RID.

È obbligatorio redigere il FIR in tre casistiche distinte:

  • Quando avviene il trasporto di ogni tipologia di rifiuti;
  • Per ogni produttore/detentore del rifiuto trasportato;
  • Quando uno o più rifiuti sono destinati al recupero o allo smaltimento.

Per approfondire aspetti quali come compilare il FIR, quali soggetti sono esclusi dalla compilazione e altri aspetti presenti nella normativa, ti consigliamo di leggere questo approfondimento: Il Formulario Rifiuti. Obblighi di Legge, sanzioni e gestione del documento.

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Quali materiali sono rifiuti speciali

Abbiamo capito cosa sono i rifiuti speciali, la differenza con quelli urbani e la normativa.
Non siamo però entrati ancora nel merito di quali sono le categorie di materiali che compongono quella classe di rifiuti.

La normativa individua come rifiuti speciali le seguenti categorie di rifiuti:

  • I rifiuti da lavorazione industriale, come il settore edilizio e agricolo.
  • I rifiuti da attività commerciali, come imballaggi e confezioni.
  • I rifiuti derivanti da attività sanitarie, come aghi e siringhe.
  • I rifiuti derivanti da attività di recupero e smaltimento dei rifiuti.
  • I fanghi prodotti da trattamenti delle acque e della depurazione delle acque reflue.
  • I macchinari e le apparecchiature deteriorati e obsoleti.
  • I veicoli a motori, rimorchi e simili inutilizzati e i loro componenti.
  • Altre categorie.

Questa è la distinzione generale dei rifiuti speciali. Esiste inoltre una suddivisione ulteriore, molto importante e ben specifica a livello normativo. Ci riferiamo alla divisione dei rifiuto speciali pericolosi e non pericolosi.

Rifiuti speciali pericolosi

Infografica con scritto: Rifiuti pericolosi ("hazardous waste") sono derivati da processi di lavorazione al cui interno sono presenti sostanze tossiche e inquinanti e richiedono trattamenti speciali

I rifiuti pericolosi (in inglese “hazardous waste”), definiti dalla normativa come anche “tossico nocivi” sono quei rifiuti, derivanti da processi di produzione che presentano al loro interno una quantità considerevole di sostanze inquinanti e tossiche.

Per tale motivo, è necessario ridurne la pericolosità, trattandoli in maniera particolare.

Fanno parte di questa categoria i seguenti materiali:

  • Rifiuti derivanti dalla raffinazione del petrolio;
  • Rifiuti derivanti da processi chimici;
  • Residui dell’industria fotografica;
  • Oli esauriti e solventi;
  • Scarti derivanti dalla produzione conciaria e tessile;
  • Residui derivanti dalla ricerca medica e veterinaria.

Come calcolare la pericolosità di un rifiuto?

Il regolamento UE n.1357/2014 del 18 dicembre 2014, identifica una scala di pericolosità da attribuire a ogni rifiuto.

La pericolosità del rifiuto viene individuata tramite la sigla HP (Hazardous Properties o Proprietà di Pericolo) e un numero che all’aumentare rappresenta una maggiore pericolosità.

La scala è la seguente:

  • HP 1 – Esplosivo
  • HP 2 – Comburente
  • HP 3 – Infiammabile
  • HP 4 – Irritante
  • HP 5 – Nocivo
  • HP 6 – Tossico
  • HP 7 – Cancerogeno
  • HP 8 – Corrosivo
  • HP 9 – Infettivo
  • HP 10 – Teratogeno
  • HP 11 – Mutageno
  • HP 12 – Liberazione di gas a tossicità acuta
  • HP 13 – Sensibilizzazioni
  • HP 14 – Ecotossico
  • HP 15 – Rifiuto che non possiede una delle caratteristiche finora elencate ma può manifestarle successivamente

Esempi rifiuti speciali pericolosi

Per comprendere meglio a quali tipologie di materiali facciamo riferimento quando parliamo di rifiuti speciali, di seguito vediamo un breve elenco di esempi:

  • Vernici di scarto e scarti di inchiostro;
  • Soluzioni esauste per il fissaggio e la sbiancatura;
  • Soluzioni acquose di lavaggio;
  • Emulsioni non clorurate;
  • Oli minerali esausti e filtri olio e gasolio;
  • Solventi esausti antigelo e per grasso, solventi vari;
  • Soluzioni per distillazione dei solventi;
  • Batterie, pastiglie dei freni, vetri di auto, rottami di veicoli, adesivi e sigillanti, marmitte catalitiche;
  • Filtri a carboni attivi e filtri a secco;
  • Polveri di sabbiatura e acidi di decapaggio;
  • Contenitori in metallo di vernice, contenitori in plastica puliti, parti in plastica e paraurti.

Rifiuti speciali non pericolosi

Dall’altro lato abbiamo i rifiuti speciali non pericolosi.

Questi sono scarti, prodotti da attività industriali e aziende, che al loro interno non presentano sostanze infette, tossiche, mutageni o corrosivi.

Fanno parte di questa categoria per esempio i rifiuti domestici, ovvero tutti quei materiali che rientrano nel servizio di smaltimento dei rifiuti speciali della Pubblica Amministrazione (PA).

Rifiuti speciali assimilabili e non assimilabili

Altra macro distinzione, da tenere in considerazione nel mondo dei rifiuti speciali, è quella tra i rifiuti speciali assimilabili e non assimilabili.

Per rifiuti speciali assimilabili si intendono dei materiali di scarto il cui smaltimento può avvenire in impianti per i rifiuti urbani. Mentre i rifiuti speciali non assimilabili non possono avere queste destinazioni.

Tale processo di smaltimento, inoltre, deve presentare caratteristiche specifiche, ad esempio evitare qualsiasi forma di emissione, effluente o effetto negativo sulla salute umana e sull’ambiente, rispetto al processo di smaltimento all’interno degli impianti dedicati alla gestione dei rifiuti urbani.

Si parla infatti di “rifiuti speciali assimilabili agli urbani” perché sono rifiuti speciali che possono essere considerati a livello di gestione e smaltimento come dei rifiuti urbani, ad esempio: rifiuti di carta, cartone e similari e rifiuti di vetro, vetro di scarto, rottami di vetro e cristallo.

Il potere di assimilazione dei rifiuto speciali viene conferito a ogni comune, secondo l’articolo 198 del D. Lgs 152/06, che si prende l’onere della raccolta e della corretta gestione.

Gestione dei rifiuti speciali

La gestione dei rifiuti speciali avviene sulla base di rapporti diretti tra il produttore del rifiuto (es. l’azienda produttrice) e il fornitore del servizio (es. l’impianto di smaltimento o altri stakeholder coinvolti).
Per quando riguarda i Rifiuti Urbani l’ente predisposto alla loro gestione è la Pubblica Amministrazione, tramite l’erogazione di servizi dedicati.

Nel caso della gestione dei rifiuti speciali, tale responsabilità ricade su soggetti come aziende private, che sono dotate di competenza e strumenti specifici per gestire efficacemente tali tipi di scarti.

Nella gestione dei rifiuti, vi sono tre elementi fondamentali che meritano particolare attenzione:

  • Il primo elemento è la compilazione del FIR, che viene fatta dall’azienda produttrice del rifiuto. Il suo valore è fondamentale perché permette di tenere traccia di tutte le fasi del rifiuto.
  • La fase successiva è il trasporto dei rifiuti da parte di aziende che devono aderire a precise procedure al fine di garantire il trasferimento sicuro verso strutture di smaltimento. Questo aspetto è regolamentato dall’articolo 193 del Testo Unico sull’Ambiente (TUA).
  • Il terzo elemento sono le fasi di trattamento, recupero e stoccaggio da parte di centri autorizzati che seguono la normativa europea.

Come smaltire i rifiuti speciali

Il tema dello smaltimento dei rifiuti speciali, soprattutto quelli pericolosi, è molto delicato.

Esistono infatti per ogni categoria di rifiuto speciali specifiche soluzioni di smaltimento le quali inoltre sono in costante aggiornamento e sviluppo.

Grazie all’innovazione tecnologica e alla diversificazione delle metodologie di trattamento dei rifiuti, sono disponibili diverse opzioni che comprendono lo stoccaggio in discarica, la termovalorizzazione e il riciclaggio presso centri specializzati.

Una fase importante che avviene prima di quella di smaltimento è lo stoccaggio dei rifiuti

Una volta che lo scarto si è creato, questi materiali rimangono depositati all’interno delle strutture produttrici, rispettando le direttive del deposito temporaneo, in attesa di essere trasportate presso un impianto di smaltimento o recupero specializzato.

A questo punto l’azienda produttrice si trova davanti a una duplice scelta:

  • Inviare i rifiuti all’impianto di destinazione ogni tre mesi, a prescindere dalla quantità;
  • Inviare i rifiuti presso la struttura specializzata entro un anno dalla produzione, nel caso in cui la quantità sia inferiore a trenta metri cubi dei quali un massimo 10 di rifiuti pericolosi.

Una volta presa questa decisione, si passa all’analisi di un campione di rifiuti per capire a quale impianto devono essere conferiti per il loro smaltimento o recupero.
Dopo l’analisi, i rifiuti vengono trasportati presso l’impianto, dove verranno smaltiti o recuperati.

Con lo smaltimento il rifiuto speciali pericoloso o non pericoloso conclude il suo ciclo di vita.

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