Economia Circolare

La gestione dei Sottoprodotti in azienda

Scopri le strategie di gestione dei Sottoprodotti in azienda attraverso una panoramica sulle normative nazionali e generali che lo regolano e approfondimenti sulla scheda Sottoprodotto.

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Mario Lazzaroni

CFO e Co-fondatore

sottoprodotti azienda guida

Differenza di gestione tra Sottoprodotti, prodotti e rifiuti

In ambito aziendale la gestione dei Sottoprodotti rappresenta un aspetto cruciale, soprattutto per quanto riguarda il ruolo del produttore nel processo.

Secondo Direttiva europea sui Rifiuti (2008/98/CE), e l’articolo 184-bis del Decreto Legislativo 152/06 (Testo Unico Ambientale italiano), che sono normative speciale rispetto alla disciplina generale dei rifiuti, il produttore ha la responsabilità principale di dimostrare che un determinato residuo soddisfi tutti i peculiari criteri per essere qualificato come Sottoprodotto.

Questo significa che, se un’azienda intende classificare un residuo come Sottoprodotto anziché come rifiuto, deve fornire prove concrete che tale residuo rispetti tutte le condizioni stabilite dalla normativa. Il cosiddetto onere della prova ricade quindi sul produttore, che deve essere in grado di dimostrare in modo inequivocabile che il residuo in questione può essere classificato come Sottoprodotto.

La gestione dei Sottoprodotti nella normativa

Sia la normativa europea sia la normativa italiana contengono specifici articoli che delineano le modalità di gestione dei Sottoprodotti in azienda, fornendo una guida chiara e dettagliata per assicurare che questi materiali siano trattati in modo responsabile e conforme alle normative vigenti.

Le aziende sono in primo luogo tenute a mantenere un controllo costante e rigoroso durante tutto il ciclo di vita del residuo, per assicurarsi il mantenimento dei requisiti.

È fondamentale per le aziende, inoltre, comprendere che un materiale già classificato come rifiuto non può successivamente diventare un Sottoprodotto, come stabilito dalla sentenza n. 20886/2013 della Cassazione penale.

Il decreto impone ulteriormente alle aziende di mantenere un sistema di gestione che copra tutte le fasi, inclusi deposito e trasporto, garantendo l’identificazione e l’utilizzo effettivo del Sottoprodotto. In breve, la responsabilità del produttore o del cessionario è limitata alle fasi precedenti alla consegna del Sottoprodotto all’utilizzatore o a un intermediario, mentre in caso di impiego diretto da parte del produttore, egli mantiene la responsabilità per tutta la durata dell’utilizzo.

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Responsabilità del produttore per il Sottoprodotto

Si ritiene opportuno ribadire che la qualifica di rifiuto discende anzitutto dal comportamento del detentore e dal significato del termine disfarsi

Al riguardo, la Corte di giustizia ha precisato che «di regola, quanto alla dimostrazione di un’intenzione, solo il detentore dei prodotti può provare che la propria intenzione non è quella di disfarsi di tali prodotti, bensì di permetterne il riutilizzo in condizioni idonee a conferire loro la qualifica di Sottoprodotto ai sensi della giurisprudenza della Corte» (cfr. sentenza 3 ottobre 2013, causa C-113/12, sentenza Brady, punti 61-64). 

Si precisa inoltre che è onere del produttore iniziale del residuo provare come, sin dalla produzione dello stesso, non vi sia l’intenzione di disfarsene, ma di assicurare un utile e legale impiego nel medesimo o in altro ciclo produttivo. La dimostrazione delle circostanze previste dall’articolo 184-bis del d.lgs. n. 152 del 2006 dovrà essere fornita, quindi, in ogni fase, dalla produzione fino all’impiego finale, da parte del produttore medesimo, ovvero, in caso di cessione dello stesso, del soggetto detentore del residuo.

Responsabilità in merito alla gestione

Come già sottolineato, la gestione dei Sottoprodotti in azienda implica specifiche responsabilità, delineate nel DM 264/16. 

Quando un residuo non soddisfa più i criteri per essere considerato un Sottoprodotto, secondo l’art. 184-bis del d.lgs. n. 152/2006, diventa un rifiuto e la sua gestione ricade sull’ultimo detentore prima di tale trasformazione. 

È fondamentale che ogni soggetto coinvolto nella filiera dimostri il rispetto dei requisiti per mantenere la qualifica di Sottoprodotto, limitatamente alla propria competenza e conoscenza. 

In caso di perdita dei requisiti fondamentali, la responsabilità non si estende ai detentori precedenti.

La normativa richiede che le condizioni per classificare un residuo come Sottoprodotto siano valutate caso per caso, con particolare attenzione a criteri come la certezza dell’utilizzo e il rispetto delle normali pratiche industriali.

Questo approccio ha generato sfide interpretative e applicative, sia per gli operatori che per le Amministrazioni, con possibili impatti negativi in termini di garanzie per le imprese e per gli organi di controllo.

Il DM 264/16, pertanto, mira a chiarire e facilitare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica di un residuo come Sottoprodotto.

La valutazione dei requisiti necessari è soggetta ad analisi individuale, senza elenchi predefiniti di materiali o trattamenti, come evidenziato dall’articolo 1, comma 2 del DM.

Scheda Sottoprodotto e documentazione contrattuale

La normativa europea e italiana non impongono strumenti probatori specifici per dimostrare il rispetto delle condizioni di Sottoprodotto. Questo lascia ai produttori la libertà di scegliere metodi di prova autonomi, anche diversi da quelli suggeriti dal decreto. 

Tuttavia, in Italia,  il DM 264/16 e la relativa circolare del MATTM rappresentano le uniche guide operative attualmente disponibili sia per i produttori che per gli enti di controllo. 

Forniscono, infatti, linee guida e strumenti utili per facilitare il dialogo tra produttori e organi di controllo, in particolare per la scarsa giurisprudenza e la generalità della norma. Un esempio di strumento molto importante è la scheda tecnica del Sottoprodotto.

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Questa, utilizzata insieme al contratto, supporta la dimostrazione della conformità ai requisiti di un residuo di produzione come Sottoprodotto. 

La scheda Sottoprodotto aiuta sia gli operatori nel sostenere l’onere della prova sia gli organi di controllo nella verifica delle condizioni stabilite dalla legge. Questo approccio, pur essendo la scelta degli strumenti di prova lasciata alla discrezione dei produttori, è consigliato per garantire trasparenza e chiarezza nel processo di qualificazione dei Sottoprodotti.

La documentazione contrattuale e la scheda tecnica rappresentano i due strumenti probatori indicati dal DM 264/16 (art. 5, commi 4 e 5).

La documentazione contrattuale è lo strumento ideale per soddisfare il requisito della “certezza dell’utilizzo”, di cui all’articolo 184-bis, comma 1, lett. b), mediante la scheda tecnica, invece, gli operatori possono dimostrare della sussistenza di tutti i requisiti di cui all’articolo 184-bis contemporaneamente. 

Questo non vuol dire che la documentazione contrattuale sia superflua, anzi è bene che il produttore predisponga comunque un’adeguata documentazione contrattuale, soprattutto a tutela della “business continuity” del processo organizzato.

Vantaggi della scheda Sottoprodotti

Oltre ai generici vantaggi che i Sottoprodotti portano alle aziende, possiamo sottolineare alcuni benefici specifici della scheda tecnica Sottoprodotti:

  • identificare i soggetti che intervengono nell’ambito della gestione del Sottoprodotto (produttore, utilizzatore ed eventuali intermediari);
  • descrivere il processo di produzione da cui origina il residuo;
  • descrivere le specifiche tecniche del materiale che deve essere impiegato;
  • individuare le modalità di gestione dello stesso, fino all’utilizzo;
  • ma non permette di definire il rapporto commerciale tra produttore, utilizzatore ed eventuali intermediari / commercianti.

Si ritiene importante sempre chiarire che alcuni dei campi previsti nella scheda tecnica potrebbero non risultare compilabili al momento della produzione del Sottoprodotto.

Come compilare la scheda sottoprodotto?

La scheda tecnica consente di identificare i soggetti che intervengono nell’ambito della gestione del sottoprodotto (produttore, utilizzatore ed eventuali intermediari), di descrivere il processo di produzione da cui origina il sottoprodotto, nonché le specifiche tecniche del materiale che deve essere impiegato e le modalità di gestione dello stesso, fino all’utilizzo. Si deve notare come, nel caso in cui un operatore intenda produrre la scheda tecnica come strumento a supporto della dimostrazione della sussistenza dei requisiti previsti dalla legge, alcuni campi della scheda tecnica debbano essere necessariamente e soddisfacentemente riempiti.

Vediamo qui di seguito come disporre questi campi in relazione alla scheda tecnica, più avanti nell’articolo spiegheremo approfonditamente il loro significato.

Caratteristica di residuo di produzione

È necessario fornire informazioni sull’impianto di produzione e sul Sottoprodotto. In particolare, rileva la compilazione dei seguenti campi della scheda tecnica:

  • Descrizione e caratteristiche del processo di produzione
  • Indicazione dei materiali in uscita dal processo di produzione
  • Tipologia e caratteristiche del Sottoprodotto e modalità di produzione

Un esempio di quanto sia importante questo passaggio è rappresentato dalla classificazione delle terre e rocce da scavo come Sottoprodotti.

Certezza dell’utilizzo

È necessario fornire informazioni sulla destinazione del Sottoprodotto, su tempi e modalità di deposito e movimentazione, nonché sull’organizzazione e continuità del sistema di gestione. In particolare, rileva la compilazione dei seguenti campi della scheda tecnica:

  • Tipologie di attività o impianti di utilizzo idonei ad utilizzare il residuo
  • Impianto o attività di destinazione
  • Riferimenti di eventuali intermediari
  • Modalità di raccolta e deposito del Sottoprodotto
  • Indicazione del luogo e delle caratteristiche del deposito e di eventuali depositi intermedi
  • Tempo massimo previsto per il deposito, a partire dalla produzione fino all’impiego definitivo
  • Descrizione delle tempistiche e delle modalità di gestione finalizzate ad assicurare l’identificazione e l’utilizzazione effettiva del Sottoprodotto

Utilizzo diretto, senza trattamenti diversi dalla normale pratica industriale

È necessario fornire informazioni sul Sottoprodotto e sui trattamenti necessari a consentirne l’impiego. In particolare, rileva la compilazione del campo della scheda tecnica denominato Conformità del Sottoprodotto rispetto all’impiego previsto.

Legalità dell’utilizzo

È necessario fornire informazioni sulle caratteristiche del Sottoprodotto e sulla conformità dello stesso rispetto all’impiego previsto, sotto il profilo sia tecnico che del rispetto dei requisiti e dei parametri stabiliti da norme di settore, laddove esistenti. Anche qui, il campo da compilare nella scheda tecnica è quello relativo alla Conformità del Sottoprodotto rispetto all’impiego previsto.

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L’utilità della scheda tecnica Sottoprodotto

Fermo restando che la predisposizione della scheda tecnica (e della documentazione contrattuale) non è obbligatoria, è tuttavia opportuno precisare che ad oggi si tratta dell’unico documento riconosciuto per la dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa vigente per la qualifica di un residuo di produzione come Sottoprodotto.

La compilazione della scheda tecnica rappresenta infatti un elemento di ausilio sotto il profilo probatorio per coloro che intendano avvalersi delle procedure previste dalla normativa. 

Come sopra accennato, la scheda potrebbe infatti anche essere utilmente sostituita da altra documentazione idonea a dimostrare la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge per la qualifica di un residuo come Sottoprodotto.

Vidima delle schede presso le Camere di Commercio

Si precisa che le schede tecniche, qualora l’azienda decida di avvalersene, devono essere vidimate presso la Camera di commercio competente, con le medesime modalità adottate per i registri di carico e scarico di cui all’articolo 190 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152.

 Ai fini della vidimazione le schede tecniche dovranno peraltro contenere i soli dati anagrafici dell’impresa ed i riferimenti dell’impianto di produzione, limitatamente alle informazioni su indirizzo, autorizzazione/ente rilasciante, data di rilascio dell’autorizzazione. 

Si ricorda inoltre che i documenti di trasporto del Sottoprodotto devono essere accompagnati alla dichiarazione di conformità alla scheda tecnica.

Esempio di scheda Sottoprodotto

Facendo un esempio pratico di come strutturare e compilare la scheda tecnica Sottoprodotto, vediamo quali sono le cinque aree da inserire nel documento:

  • anagrafica del produttore;
  • informazioni sul Sottoprodotto;
  • tempi e modalità di deposito e movimentazione;
  • organizzazione e continuita’ del sistema di gestione;
  • sottoscrizione / dichiarazione di conformità.

Dimostrazione dei requisiti del Sottoprodotto

L’articolo 4 del DM 264/16 indica che le condizioni di cui dall’articolo 184-bis del D.Lgs. 152/06 devono poter essere dimostrate e sussistere contemporaneamente in ogni fase della gestione del residuo, dalla produzione, fino al suo impiego definitivo.Più complessa è la definizione di processo di produzione: ci si riferisce infatti ad un processo che trasforma i fattori produttivi in risultati, i quali ben possono essere rappresentati da prodotti tangibili o intangibili. Con questo si vuole dire che la produzione può riguardare non solo i beni, ma anche i servizi e comprende non solo i processi tecnologici di fabbricazione dei componenti del prodotto e il loro successivo assemblaggio, ma anche processi di supporto all’attività di trasformazione, come manutenzione, controllo di processo, gestione della qualità, movimentazione dei materiali, ecc.. Conclusioni similari sono state confermate anche dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. pen., sent. n. 41839 del 2008; Consiglio di Stato, sent. n. 4151/2013).

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Certezza dell’utilizzo del Sottoprodotto

Ai sensi dell’articolo 184-bis, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 152 del 2006, perché un residuo sia un sottoprodotto deve essere certo che esso «sarà utilizzato» nel corso dello stesso o di un successivo processo produttivo o di utilizzazione. In conformità alla direttiva 2008/98/CE la norma legislativa sopra citata, nel richiedere che non vi siano possibilità che il residuo non venga utilizzato, vuole evitare la sottrazione di un materiale alla disciplina dei rifiuti in presenza di una mera possibilità di utilizzo dello stesso. Il sottoprodotto nasce con la certezza di essere riutilizzato senza particolari interventi manipolativi (così Cons. Stato, sent. n. 4151/2013).

Ne deriva che deve, dunque, essere senz’altro esclusa la possibilità di allestire depositi a tempo indeterminato di materiali in vista di un loro possibile utilizzo futuro (cfr. la Guidance on the interpretation of key provisions of Directive 2008/98/EC on waste, cit., par. 1.2.3, nonché – quanto alla giurisprudenza italiana – Cons. Stato, sent. n. 4151/2013). Quindi è col fine di evitare che un materiale qualificato sottoprodotto venga gestito, in una qualunque delle fasi, come un rifiuto (quindi gestito illegalmente) che è stata introdotta la dimostrazione della certezza dell’utilizzo. Quanto alla necessità di provare la ricorrenza della condizione in parola – ferma restando la insufficienza, a tal fine, di una mera dichiarazione di intenti circa la destinazione del materiale ad un successivo ciclo produttivo (Cass. pen., sent. n.3202/2015) – si ritiene opportuno richiamare alle condizioni sviluppate di seguito.

Indizi rilevatori

La certezza dell’utilizzo deve essere dimostrata mediante indizi rivelatori capaci – soprattutto in concorso tra loro – di rendere affidabile una valutazione circa il prodursi di un evento futuro, consistente nel successivo utilizzo. Sarà dunque interesse dell’impresa che intende qualificare un sottoprodotto predisporre adeguato materiale probatorio, che può concretizzarsi nella redazione della scheda tecnica del sottoprodotto e della documentazione contrattuale.

Individuazione del destino

Sin dal momento della produzione del sottoprodotto, l’attività o lo stabilimento in cui il residuo sarà utilizzato deve essere già stato individuato, ovvero, quanto meno, che sia individuabile in considerazione delle specifiche caratteristiche possedute del materiale che ne rendono compatibile l’impiego in determinati cicli produttivi. A tal proposito, è utile precisare come l’espressione “individuabile” faccia riferimento alle tipologie di attività o stabilimenti nel cui ambito il residuo può essere impiegato. Si può pertanto dire che è ammessa, all’origine, incertezza sul soggetto destinatario del residuo, non vi essere invece alcun dubbio circa la tipologia di attività o stabilimento in cui il sottoprodotto può e sarà impiegato in considerazione delle sue caratteristiche tecniche, e proprio in virtù di quelle caratteristiche, il suo impiego è possibile senza il ricorso a trattamenti diversi dalla normale pratica industriale.

Congruità del destino

Quando il destinatario sia già stato individuato all’atto della redazione della scheda tecnica, il DM 264/16 richiede sia condotta una verifica di congruità (sotto il profilo qualitativo e quantitativo) tra Sottoprodotto e attività di destinazione. Requisiti fondamentali di qualifica del destinatario (rispetto alle caratteristiche del Sottoprodotto) sono le caratteristiche e le dimensioni, che devono essere adeguate ad assicurare l’effettivo impiego del residuo stesso, e non solo la mera possibilità.

Documentazione contrattuale

Rispetto a quanto detto sopra, un elemento di prova sicuramente efficace è rappresentato dalla documentazione contrattuale e, dunque, dalla presenza di un contratto commerciale scritto tra il produttore o il detentore (eventuale intermediario/ commerciante) e l’azienda nel cui processo verrà utilizzato il Sottoprodotto. Di conseguenza, il verificarsi di una cessione del materiale a valore positivo per il produttore (o detentore) rappresenta un utile indizio (si veda, Guidance on the interpretation of key provisions of Directive 2008/98/EC on waste, par. 1.2.3).

Sistema di gestione

Si ritiene dunque opportuno consigliare al produttore di organizzare un sistema di gestione e predisporre la documentazione probatoria in modo tale da affiancare a tali elementi (documentazione contrattuale) ulteriori fattori in grado di sostenere la prova della certezza dell’utilizzo, come ad esempio le informazioni riguardanti l’esistenza di un “solido mercato” del Sottoprodotto (si veda, Guidance on the interpretation of key provisions of Directive 2008/98/EC on waste, par. 1.2.3), che possono essere inserite nel campo «Informazioni sul Sottoprodotto» della scheda tecnica. Fornire chiare ed adeguate indicazioni circa tempi e modalità di deposito del Sottoprodotto costituisce una ulteriore riprova a riguardo della certezze dell’utilizzo. Anche queste informazioni possono essere inserite in scheda tecnica, riempiendo adeguatamente i campi riguardanti «Tempi e modalità di deposito».

Identificazione dei soggetti interessati

Ai fini della prova in questione, la documentazione contrattuale dovrà innanzitutto contenere sufficienti informazioni per l’identificazione dei soggetti interessati dall’operazione (produttore, eventuale intermediario / commerciante, stabilimento di destinazione) nonché le specifiche tecniche del Sottoprodotto oggetto della compravendita. Anche in tale ipotesi risulta quindi utile la compilazione della scheda tecnica, dalla quale è possibile evincere le diverse informazioni necessarie, a corredo della identificazione, sotto il profilo soggettivo, del destinatario. Potrebbe inoltre verificarsi il caso in cui, al momento della produzione del Sottoprodotto, non sia ancora stato individuato il soggetto destinatario dello stesso. In questa circostanza, si raccomanda caldamente all’operatore di procedere alla compilazione della scheda tecnica, dove dovranno essere inserite le informazioni relative all’attività o al settore di destinazione, considerate le specifiche tecniche del residuo, che lo rendono idoneo a determinati utilizzi.

Tempi di deposito lunghi

La scheda tecnica è lo strumento fondamentale per fornire agevolmente ulteriori elementi in grado di sostenere la prova della certezza dell’utilizzo. Al riguardo si noti che il tempo del deposito rappresenta un elemento di notevole importanza: un lungo tempo di deposito rende, proprio in ragione dell’incertezza legata al mero scorrere del tempo, meno certo l’utilizzo (in tema, cfr. a contrario Cons. Stato, sent. n. 4151/2013, secondo cui depongono nel senso della sussistenza del requisito della certezza il tempo ravvicinato dell’utilizzo e la non necessarietà di operazioni di stoccaggio).

La scelta dei tempi corretti

La corretta scelta del tempo di deposito va valutata con riguardo alle caratteristiche del Sottoprodotto, alle modalità e al luogo adibito alla conservazione, ma soprattutto rispetto alle caratteristiche che esso deve presentare in sede di successiva utilizzazione. Pare, dunque, opportuno che il produttore – soprattutto nei casi in cui venga disposto un tempo di deposito del residuo non breve – abbia cura di predisporre ulteriori elementi probatori in grado di supportare la sussistenza dei requisiti della certezza dell’utilizzo. A questo fine, potrà essere utilizzata la già citata scheda tecnica compilando adeguatamente il campo «Conformità del Sottoprodotto rispetto all’impiego previsto», «Modalità di raccolta e deposito del Sottoprodotto» e «Tempo massimo previsto per il deposito a partire dalla produzione fino all’impiego definitivo» (giustificando tali modalità e tempi rispetto al successivo impiego).

Utilizzo diretto del Sottoprodotto

La normativa europea, seguita da quella italiana, specifica che per la qualifica di un residuo come sottoprodotto, la sostanza o l’oggetto possa essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale.

Al riguardo, l’articolo 6 del DM 264/16 indica che «non costituiscono normale pratica industriale i processi e le operazioni necessari per rendere le caratteristiche ambientali della sostanza o dell’oggetto idonee a soddisfare, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e a non portare a impatti complessivi negativi sull’ambiente, salvo il caso in cui siano effettuate nel medesimo ciclo produttivo». Sempre allo stesso articolo il DM 264/16 chiarisce ulteriormente che «rientrano, in ogni caso, nella normale pratica industriale le attività e le operazioni che costituiscono parte integrante del ciclo di produzione del residuo, anche se progettate e realizzate allo specifico fine di rendere le caratteristiche ambientali o sanitarie della sostanza o dell’oggetto idonee a consentire e favorire, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e a non portare ad impatti complessivi negativi sull’ambiente».

Lo scopo del concetto di normale pratica industriale

Il legislatore ha voluto in questo caso rispondere a due esigenze:

  • da un lato di tener conto che il bisogno di un trattamento preliminare prima della utilizzazione di un residuo può segnalare il fatto di trovarsi dinanzi ad un rifiuto;
  • dall’altro, di considerare che anche le materie prime talvolta necessitano di essere lavorate prima del loro impiego nel processo produttivo (Guidance on the interpretation of key provisions of Directive 2008/98/EC on waste, par. 1.2.4).

Il DM 264/16 chiarisce che le operazioni svolte sul residuo (per essere intese come normale pratica industriale) non devono conferire allo stesso particolari caratteristiche sanitarie o ambientali che il residuo medesimo non possiede al momento della sua produzione. 

Scopo della disposizione è quello di evitare che, inquadrando come “normale pratica industriale” un’attività, ad esempio, finalizzata a ridurre la concentrazione di sostanze inquinanti o pericolose, possano essere sostanzialmente eluse le disposizioni in materia di gestione dei rifiuti e le relative necessarie cautele ed autorizzazioni. Il legislatore, tuttavia, riconosce la possibilità di qualificare come “normale pratica industriale” eventuali operazioni necessarie per rendere il residuo idoneo all’utilizzo, anche sotto il profilo ambientale e sanitario, alla condizione che siano svolte all’interno del medesimo ciclo produttivo.

Come dimostrare la normale pratica industriale

Col fine di ricondurre eventuali operazioni sul residuo alla “normale pratica industriale”, il produttore potrebbe ad esempio dimostrare che:

  • il trattamento non incide o non fa perdere al materiale la sua identità, le caratteristiche merceologiche, o la qualità ambientale, non determina un mutamento strutturale delle componenti chimico-fisiche della sostanza o una sua trasformazione radicale (Cass. pen., sent. n. 40109/2015 e Cass. pen., sent. n. 17453/2012);
  • il trattamento corrisponde a quelli ordinariamente effettuati nel processo produttivo nel quale il materiale viene utilizzato ed in particolare a quelli ordinariamente effettuati sulla materia prima che il Sottoprodotto va a sostituire (Cass. pen., sent n. 17453/2012; Cass. pen., sent. n. 20886/2013).

La dimostrazione del requisito dell’utilizzo diretto (senza trattamenti diversi dalla normale pratica industriale) potrà essere fornita compilando la scheda Sottoprodotto al campo «Conformità del Sottoprodotto rispetto all’impiego previsto», indicando se il residuo necessita di un trattamento in vista dell’utilizzo, di quale trattamento si tratta e se l’attività di trattamento sia svolta direttamente, o mediante un intermediario, o presso lo stabilimento di utilizzo finale.

Trattamenti presso terzi diversi dal produttore e dal destinatario

Con riferimento alla possibilità di eseguire trattamenti anche presso soggetti intermediari (non nel senso dell’intermediario rifiuti), l’eventuale eccessiva molteplicità di passaggi e di operatori potrebbe rendere maggiormente complicata la dimostrazione della sussistenza dei requisiti, con particolare riferimento alla certezza dell’utilizzo. La norma tuttavia non vieta tale possibilità.

Legalità dell’utilizzo del Sottoprodotto

L’articolo 184-bis al punto d) prescrive, tra le condizioni da soddisfare per poter qualificare un residuo come Sottoprodotto, che l’ulteriore utilizzo sia legale, ossia che la sostanza o l’oggetto soddisfi, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e che non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana. A tal proposito vanno distinte due diverse ipotesi: la prima, in cui via sia una normativa di riferimento che definisce modalità o requisiti di impiego per un determinato utilizzo (es: normativa tecnica sulla classificazione dei rottami), e la seconda in cui non via sia, o sia incompleta, una normativa ad hoc (es: Sottoprodotti agricoli per impianti biogas).

In presenza di norme di riferimento

La mancata rispondenza del residuo ai requisiti richiesti dalla norma per il suo utilizzo o il diverso utilizzo rispetto a quelli previsti, determina l’impossibilità di qualificarlo come Sottoprodotto. A titolo esemplificativo, per poter utilizzare una biomassa come combustibile in un impianto di produzione di energia è indispensabile che la stessa sia elencata nell’allegato X alla Parte V del d.lgs. n. 152 del 2006 o in altre norme specifiche che ne disciplinano l’impiego. In caso di mancata inclusione nell’Allegato citato o di mancato rispetto delle condizioni disciplinate, la biomassa deve essere qualificata come rifiuto e la combustione può essere effettuata soltanto in un impianto autorizzato per la gestione di rifiuti.

In assenza di norme di riferimento

Quando non via siano particolari vincoli normativi nell’utilizzo del residuo nel processo individuato, la normativa ci impone di dimostrare che l’impiego dello stesso non porterà ad impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana. Questo è il caso, ad esempio, delle biomasse impiegate in impianti di digestione anaerobica (biogas) che non soggiacciono a particolari prescrizioni tecniche con riferimento alle materie prime in ingresso.

Nella scheda tecnica – ai fini della dimostrazione della sussistenza del requisito della legalità dell’utilizzo – sarà opportuno sviluppare la dimostrazione della rispondenza del residuo agli standards merceologici ed alle norme tecniche di settore (Cass. pen., sent. n. 17126/2015), fermo restando che, comunque, tale requisito non potrà ritenersi sussistente in caso di emergenze fattuali o documentali che provano la pericolosità (Cass. pen., sent. n. 17453/2012).

Deposito e movimentazione del Sottoprodotto

Il deposito del Sottoprodotto è argomento spinoso, infatti la gestione e la movimentazione dei Sottoprodotti, dalla produzione fino all’impiego degli stessi, devono essere realizzate in modo da assicurare, oltre all’assenza di rischi ambientali o sanitari, il mantenimento delle caratteristiche dei residui necessarie a consentirne l’impiego. Deve inoltre essere sempre garantita la congruità delle tempistiche e delle modalità di gestione, che devono essere funzionali all’utilizzo dei materiali nel periodo più idoneo allo stesso e non devono incidere negativamente sulla qualità e funzionalità dei materiali medesimi ai fini dello specifico impiego previsto. Questo significa che, quanto si progetta il sistema di deposito e movimentazione dei Sottoprodotti, non bisogna rifarsi alla prassi tipica dei rifiuti, bensì a quella dei prodotti destinati alla vendita.

Tempo massimo previsto

Il tempo massimo previsto per il deposito, decorso il quale si presume che possano essere pregiudicate le caratteristiche merceologiche o di funzionalità necessarie per l’impiego previsto, deve essere indicato nella scheda tecnica. Se dovesse decorrere il tempo massimo di deposito indicato nella scheda tecnica, senza che la sostanza o l’oggetto sia stato utilizzato, questi perderanno la qualifica di Sottoprodotto e dal giorno successivo alla scadenza del termine massimo deve essere gestito come rifiuto. In alternativa, qualora il residuo sia ancora in grado di soddisfare i requisiti per un successivo utilizzo, anche diverso da quello precedentemente previsto (ovvero possiede ancora i requisiti di Sottoprodotto), sarà necessario compilare una nuova scheda tecnica. Con riferimento alla fase di trasporto, il decreto non contempla documentazione diversa da quella ordinariamente impiegata per il trasporto delle merci.

Piattaforma di scambio Sottoprodotti delle CCIAA

Con riferimento all’articolo 10 del DM 264/16, titolato «Piattaforma di scambio tra domanda e offerta», appare utile precisare che lo stesso non introduce un requisito abilitante per i produttori e gli utilizzatori di Sottoprodotti, ma prevede la realizzazione di un elenco contenente le generalità degli operatori interessati a cedere o acquistare residui produttivi da impiegare, utilmente e legalmente, nell’ambito della propria attività, con finalità conoscitiva e di mera facilitazione degli scambi.

In merito all’obbligo di iscrizione

La qualifica di un materiale come Sottoprodotto, dunque non quale rifiuto, prescinde dalla iscrizione del produttore o dell’utilizzatore nel suddetto elenco, essendo di carattere oggettivo e legata alla dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti dall’articolo 184-bis del d. lgs. n. 152 del 2006. Pertanto, l’iscrizione nell’elenco del produttore o dell’utilizzatore, di per sé, non è sufficiente a qualificare un residuo come Sottoprodotto e, d’altra parte, la mancata iscrizione non comporta l’immediata inclusione del residuo nel novero dei rifiuti.

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Mario Lazzaroni

CFO e Co-fondatore

Con Sfridoo diamo risposte operative alle aziende che intraprendono la strada virtuosa dell'economia circolare. Forti dell'esperienza sul campo del nostro team offriamo servizi e prodotti digitali eco-innovativi.