Economia Circolare

I Sottoprodotti nella normativa ambientale

Scopri l’inquadramento normativo e la classificazione dei Sottoprodotti secondo la Direttiva UE sui Rifiuti, il Testo Unico Ambientale, il DM 264/16 e la circolare MATTM prot.n. 7619, ed esplora i nostri esempi di Sottoprodotto

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Mario Lazzaroni

CFO & Co-fondatore

Due mani che contengono nei palmi della terra

L’inquadramento normativo del Sottoprodotto

I leggi che regolano i Sottoprodotti sono principalmente la Direttiva 2008/98/CE, a livello europeo, e il Decreto Legislativo numero 152 del 2006, conosciuto TUA (Testo Unico Ambientale), per l’Italia.

Ma cos’è un Sottoprodotto? Rivediamolo brevemente insieme di seguito, infondo a questo articolo troverai anche alcuni esempi di Sottoprodotto per comprendere meglio il concetto.

Il processo produttivo di un’azienda origina scarti che possono avere una duplice finalità:

  • Possono essere rifiuti, quindi essere smaltiti
  • Possono essere qualificati come Sottoprodotto

I Sottoprodotti sono scarti usati come materie prime secondarie per dare vita a un prodotto diverso da quello per cui il Sottoprodotto è stato originato, di conseguenza non rientrano nella gestione dei rifiuti aziendali. I Sottoprodotti avranno una nuova vita attraverso il reimpiego in un’altra filiera produttiva, anche diversa da quella per cui sono stati generati. 

La condizione di Sottoprodotto

La normativa italiana, all’articolo 184-bis del Decreto Legislativo 152/06 stabilisce quattro condizioni da soddisfare contemporaneamente per definire un residuo come Sottoprodotto e non come rifiuto

La sostanza candidata a Sottoprodotto deve, in primo luogo, avere  origine da un processo di produzione e non essere l’obiettivo principale dello stesso. Il suo utilizzo, inoltre, deve essere certo nel processo produttivo attuale o futuro, e deve essere diretto, senza cioè trattamenti speciali. Infine, l’oggetto deve rispettare i requisiti relativi ai prodotti, alla salute e all’ambiente, senza causare impatti negativi. 

Quanto disposto al comma 1 è immediatamente applicativo, nel senso che non necessita di ulteriori specificazioni, anche se è prevista la possibilità di emanare decreti specifici (ed eventuali) come dal testo del secondo comma, che recita:

Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati Sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformità a quanto previsto dalla disciplina comunitaria”.

A chi spetta l’onera della prova?

Essendo la nozione di Sottoprodotto una norma in deroga alla disciplina del rifiuto, tutte le condizioni fondamentali devono essere provate dal produttore, il quale decide di qualificare il residuo come Sottoprodotto.

Tuttavia, all’interno della norma generale non è indicata una strada da utilizzare per la dimostrazione delle quattro condizioni.Limite che viene colmato in Italia grazie all’affiancamento del Decreto Ministeriale 264/16 che suggerisce le modalità per costruire tali prove e gli strumenti da utilizzare per la gestione dei Sottoprodotti in azienda.

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Rifiuto vs Sottoprodotto

La normativa europea sui rifiuti, in particolare la Direttiva 2008/98/CE, stabilisce un quadro giuridico per la gestione dei rifiuti nell’Unione Europea. Secondo tale direttiva, un rifiuto è qualsiasi sostanza od oggetto che il detentore scarta, intende scartare o è obbligato a scartare.

Questa definizione è recepita dall’articolo 183 del Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 156/2006) in Italia, che definisce un rifiuto come “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”.

È evidente che l’atto, volontario o obbligatorio, di disfarsi di un prodotto lo inserisce nel sistema di gestione dei rifiuti. Cosa comporta tutto ciò? Il mondo dei rifiuti segue precise norme.

Sottoprodotti, MPS ed End Of Waste: la differenza

Ogni oggetto, bene o materiale involontariamente prodotto o che non è più capace di assolvere al proprio scopo o, ancora, rappresenta di per sé uno scarto di produzione è da intendersi come un residuo.

Non tutti i residui di produzione devono essere (o rimangono) qualificati come rifiuti: alcuni di essi infatti non acquistano mai la natura di rifiuto, altri invece la perdono all’esito di un’attività di recupero. 

In particolare, non sono classificati come rifiuti o hanno cessato la qualifica di rifiuto :

  1. I Sottoprodotti, ossia i residui originati da un processo di produzione il cui scopo primario non è la loro produzione, utilizzati legalmente senza l’applicazione di trattamenti assimilabili alla gestione dei rifiuti e senza arrecare danni all’ambiente e alla salute dell’uomo.
  2. I residui trasformati in materie prime secondarie (Mps) o materiali End of Waste, ossia i residui che hanno perso la loro qualifica di “rifiuti” dopo specifiche operazioni di recupero.

Le norme che regolano i Sottoprodotti

Elencandoli in breve, i testi normativi a cui fare riferimento per la gestione dei Sottoprodotti sono:

  • La Direttiva Europea sui Rifiuti 2008/98/CE
  • Il Testo Unico Ambientale (D. lgs 2006/152)
  • Il Decreto Ministeriale 264/16
  • La circolare interpretativa del MATTM prot.n. 7619

Abbiamo già parlato della Direttiva 2008/98/CE e del D. lgs 2006/152, approfondiamo ora gli ulteriori strumenti che il legislatore italiano ha messo a disposizione degli addetti ai lavori.

Cos’è contenuto nel DM 264/16

Il contenuto del DM costituisce lo strumento di base su cui condurre le verifiche di accertamento da parte degli organi preposti.

Si tratta di uno strumento non vincolante, ma utile alle aziende per dimostrare il rispetto delle quattro condizioni fondamentali per la qualifica di un residuo come Sottoprodotto.

Il DM n. 264 del 2016 non innova in alcun modo la disciplina sostanziale generale del settore. Se un residuo andrà considerato Sottoprodotto o meno dipenderà, dunque, esclusivamente dalla sussistenza delle condizioni contenute nell’art-184 bis.

Inoltre, il decreto non contiene né un elenco di materiali qualificabili alla stregua di Sottoprodotti, né un elenco di trattamenti ammessi sui medesimi in quanto sono elementi da analizzare caso per caso.

Viceversa, il decreto è stato pensato dall’Amministrazione, come strumento a disposizione di tutti i soggetti interessati (operatori, altre amministrazioni, organi di controllo, etc.) per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa vigente per la qualifica di un residuo.

La sua finalità è quindi quella di consentire una più sicura applicazione di quella vigente.

Articolo 1 del DM 264/16

L’articolo 1 del DM 264/16 chiarisce che i requisiti richiesti per escludere un residuo di produzione dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti devono essere soddisfatti in tutte le fasi della gestione dei residui, dalla produzione all’impiego nello stesso processo, o in uno successivo.

Articolo 4 del DM 264/16

L’articolo 4, comma 1, precisa che il soddisfacimento di tutte le condizioni previste deve essere dimostrato in ogni fase della gestione del residuo. Va inoltre evidenziato che la qualifica di Sottoprodotto non potrà mai essere acquisita in un tempo successivo alla generazione del residuo, non potendo un materiale qualificato come rifiuto divenire Sottoprodotto (in tal senso, ad es., Cass. pen., sent. n. 20886/2013).

Articolo 5 del DM 264/16

L’articolo 5 del DM 264/16 prevede inoltre che: «il produttore ed il detentore assicurano, ciascuno per quanto di propria competenza, l’organizzazione e la continuità di un sistema di gestione, ivi incluse le fasi di deposito e trasporto, che, per tempi e per modalità, consente l’identificazione e l’utilizzazione effettiva del Sottoprodotto». 

Con riferimento alla responsabilità del produttore o del cessionario in relazione alla gestione del Sottoprodotto, l’articolo 8, comma 4, precisa che la è limitata alle fasi precedenti alla consegna dello stesso all’utilizzatore o a un intermediario. In caso invece di impiego da parte del produttore stesso, egli conserva la responsabilità durante tutta la fase di utilizzo del Sottoprodotto.

Cos’è contenuto nella circolare interpretativa del MATTM prot.n. 7619

L’obiettivo della circolare del MATTM del 30 maggio 2017 è di fornire alcuni chiarimenti, per una più uniforme applicazione e univoca lettura del Decreto Ministeriale n. 264/2016.

In ragione della complessità della disciplina e l’assenza di prassi interpretative, il Ministero ha ritenuto utile fornire linee guida interpretative, accompagnando la circolare con un allegato tecnico-giuridico.

La circolare, in primo luogo, definisce alcune modalità con le quali il detentore può dimostrare che sono soddisfatte le condizioni generali di cui all’art. 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.La circolare specifica inoltre che è fatta salva la possibilità di dimostrare, con ogni mezzo e procedura, che una sostanza o un oggetto derivante da un ciclo di produzione non è un rifiuto, ma un Sottoprodotto.

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Esempi di Sottoprodotto

Sul Blog di Sfridoo abbiamo già parlato più volte di Sottoprodotti. Abbiamo infatti esaminato specifici materiali come nel caso delle Terre e Rocce da scavo, e specifici casi studio come quello degli scarti alimentari del pane trasformati in birra di Biova.

Di seguito, invece, vogliamo farti esplorare alcuni nostri esempi pratici di Sottoprodotto per farti comprendere meglio di quali tipologie di materiali si tratti. Ti diremo inoltre come questa può essere riutilizzata per non disperdere il suo valore.

Noccioli di albicocca

Nell’industriali agroalimentare, i gusci o i noccioli interi di albicocca possono essere utilizzati come biomasse combustibili e/o in impianti per la produzione di biogas.

Le armelline, ovvero i semi contenuti nei noccioli, sono idonee per il consumo umano e l’uso nell’industria cosmetica e farmaceutica.

Noccioli di pesca

Sempre nel settore alimentare, i gusci o i noccioli interi di pesca sono utilizzabili come biomasse combustibili e per la produzione, anche in questo caso, di biogas.

Il seme presente nel nocciolo può essere destinato sia a scopi legati al consumo umano, sia nell’industria cosmetica e farmaceutica.

Sale derivante dalla salatura delle carni

Sale solido derivante dalla salatura delle carni, all’interno delle filiere agroalimentare.

Liquor nero

Il liquor nero si ottiene come residuo della fase di lisciviazione del legno nel processo industriale di produzione della pasta di legno chemimeccanica (chimico-meccanica).

Il processo di lisciviazione genera, oltre alle fibre libere, il liquor nero, un residuo liquido contenente sostanze del legno come lignina, cellulosa, emicellulosa, fortemente concentrato in sostanze organiche.

La continuità e uniformità del processo produttivo garantisce una qualitativa nel tempo omogenea e sempre disponibile.

Residui verdi del mais dolce

I residui verdi consistenti in tutoli, foglie, brattee e stocchi derivanti dalla lavorazione del mais dolce, nel settore agroalimentare sono considerati sottoprodotti.

Polveri e impasti da ceramica cruda

Tipologia: Produzioni piastrelle e lastre in ceramica

Le polveri e gli impasti del residuo ceramico crudo, provenienti dalla produzione di piastrelle e lastre di ceramica, vengono raccolte a lato della linea di produzione e giornalmente trasferite all’interno di container scarrabili o big-bag protetti dagli agenti atmosferici posizionati all’interno del perimetro produttivo.

Raggiunto il carico ottimale per il trasporto, tali materiali vengono avviate al processo di macinazione a umido per la formulazione di impasto atomizzato per l’industria ceramica. 

Deiezioni avicole

Le deiezioni avicole, nell’industria zootecnica, costituite da escrementi e/o urina provenienti da pollame e le lettiere, costituite da materiale naturale come paglia, lolla, truciolo, segatura, cocco o torba sono sottoprodotti.

Residui della lavorazione di materie plastiche 

I residui di lavorazione delle materie plastiche, costituiti da rifili di taglio delle attività di tranciatura del prodotto finito o rifilatura del semilavorato, sono sottoprodotti.

Tali residui, che non rispecchiamo le specifiche tecniche per la vendita, possono essere stoccati in appositi contenitori e inviati alla macinazione diretta in linea.

Gli sfridi vengono normalmente stoccati all’interno di locali protetti dagli agenti atmosferici oppure vengono depositati all’esterno solo se opportunamente protetti dal rischio di contaminazione o esposizione diretta alla luce solare.

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Mario Lazzaroni

CFO & Co-fondatore

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