Sostenibilità

Cos’è la Direttiva SUP per la plastica monouso? Ecco i prodotti vietati

L’intervento normativo dell’Unione Europea, nato per limitare la plastica monouso, è definita Direttiva SUP - Single Use Plastics. Vediamo quali oggetti vieta, come definisce le bioplastiche e tanti altri aspetti della normativa

Francesco Marica

Francesco Marica

Consulente Ambientale

cos'è la direttiva SUP

Cos’è la Direttiva SUP – Single Use Plastic

La Direttiva SUP è un intervento normativo dell’Unione Europea, che dovrà essere recepito dagli stati membri, che dal 2021 vieta l’utilizzo di determinati prodotti in plastica monouso per i quali esistono alternative in commercio.

A maggio del 2019 è stata approvata dall’Unione Europea una Direttiva con l’obiettivo di combattere l’inquinamento marino causato dalla dispersione della plastica.

Questo intervento normativo, noto come Direttiva SUP, è avvenuto al fine di colpire le tipologie di oggetti in plastica più presenti tra tutti i rifiuti ritrovati sulle spiagge del nostro continente. È facile immaginare come si trattasse di oggetti monouso.

Questa Direttiva è nota col suo acronimo – SUP – e il suo nome per intero è Single Use Plastic, letteralmente “plastica monouso”.

Andiamo a conoscerla meglio.

Cosa prevede la Direttiva SUP

Entrata in vigore il 3 luglio 2019 la Direttiva dell’Unione europea UE 2019/904, questo il suo nome esatto, mira a prevenire e contrastare la creazione di rifiuti marini.

La strada scelta è stata quella di colpire alla fonte, ovvero vietare e disincentivare la produzione e commercializzazione di alcuni oggetti monouso in plastica.

Basandosi sulla legislazione dell’Ue già esistente, i legislatori hanno stabilito norme di limitazione per i tipi di prodotti e di imballaggi che rientrano tra i dieci più spesso rinvenuti sulle spiagge europee.

Da quella data gli Stati membri hanno due anni di tempo per recepire la legislazione nel loro ordinamento nazionale.

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Quali oggetti sono vietati dalla Direttiva?

Le nuove regole contenute nella Direttiva vietano, con decorrenza al 2021, l’utilizzo di determinati prodotti in plastica usa e getta per i quali esistono alternative in commercio.

Di seguito l’elenco dei prodotti o imballaggi soggetti al divieto:

  • Bastoncini cotonati per la pulizia delle orecchie.
  • Posate (forchette, coltelli, cucchiai, bacchette).
  • Piatti (sia in plastica che in carta con film plastico).
  • Cannucce.
  • Mescolatori per bevande.
  • Aste per palloncini (esclusi per uso industriale o professionale).
  • Contenitori con o senza coperchio (tazze, vaschette con relative chiusure) in polistirene espanso (EPS) per consumo immediato (fast-food) o asporto (take-away) di alimenti senza ulteriori preparazioni.
  • Contenitori per bevande e tazze sempre in EPS.
  • Tutti gli articoli monouso in plastica oxodegradabile.

Come si può notare non sono ammessi anche i manufatti realizzati in materiale poliaccoppiato o laminato composto da carta e da un rivestimento in materiale plastico.

La Normativa menziona inoltre la plastica oxo-degradabile. Si tratta di una tipologia alla quale vengono aggiunti additivi per accelerarne la successiva biodegradazione.

Questa viene poi velocizzata per effetto della radiazione ultravioletta o del calore.

Non esiste alcuna prova definitiva a sostegno degli effetti benefici della plastica oxodegradabile, anzi sembrerebbe addirittura che non siano da escludere potenziali effetti tossici.

Bioplastiche e plastiche vegetali

Ma se gli articoli vietati fossero di bioplastica o plastica vegetale aventi caratteristiche di biodegradabilità o compostabilità?

La Direttiva SUP dice esplicitamente all’art. 3 che gli unici polimeri esclusi dal divieto sono quelli naturali non modificati chimicamente. Bioplastiche e plastiche vegetali, siano esse derivate da fonti rinnovabili (totalmente o parzialmente) o da quelle petrolchimiche, rientrano tra i polimeri modificati chimicamente e quindi fra i materiali vietati.

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Quali oggetti e materiali non sono soggetti al divieto?

Quali sono quindi i polimeri naturali non modificati chimicamente non soggetti al divieto? Quelli naturali organici ovvero le fibre naturali non sottoposte a modifiche chimiche per ottenere il manufatto.

Si tratta delle fibre di canna da zucchero, bambù, canapa, cellulosa, riso, caucciù e cocco. Sarà quindi permesso consumare articoli monouso in questi materiali.

Come si può osservare, le bottiglie di plastica ed i bicchieri non compaiono nell’elenco di oggetti vietati. 

Per le prime, la motivazione risiede nella volontà di valorizzare la riciclabilità del PET con le quali sono prodotte, mentre i secondi non vengono nemmeno elencati tra gli articoli per i quali la direttiva richiede misure di riduzione del consumo.

Dipenderà dai paesi membri in fase di recepimento decidere che tipo di azioni intraprendere nei confronti di questi bicchieri o tazze utilizzati per bevande fredde e calde (ma anche per altri alimenti), realizzate sia in plastica che in poliaccoppiato.

Direttiva SUP e Plastic-tax

Come detto ogni Paese ha due anni di tempo per recepire una Direttiva europea e l’Italia non fa certo eccezione.

Nel nostro Paese l’intervento legislativo a recepimento della Direttiva è diventato famoso suo malgrado per le polemiche che sono scaturite durante il suo iter di avvicinamento all’approvazione. Stiamo parlando della Plastic-tax.

Essa fa parte infatti di quelle misure atte a recepire la Direttiva Europea SUP e avrebbe dovuto vedere la luce a luglio 2020 ma è slittata a gennaio 2021 causa Covod-19, comunque ancora nei due anni entro i quali doverla recepire.

La Plastic-tax è un’imposta che andrà a colpire produttori e commercianti dei cosiddetti MACSI, acronimo di manufatti per il consumo con singolo impiego.

L’importo sarà di 45 centesimi di euro per chilogrammo di plastica contenuta in questi manufatti. Per premiare i comportamenti virtuosi è poi previsto un credito d’imposta pari al 10% delle spese sostenute nel primo anno per l’adeguamento tecnologico mirato alla produzione di manufatti compostabili ai sensi dello standard EN 13432:2002.

Conclusioni e riflessioni

Abbiamo visto più nello specifico che cos’è la Direttiva SUP e com’è articolata. Si tratta di uno strumento coercitivo in quanto contiene divieti tranne che per i polimeri naturali non modificati chimicamente.

A questo proposito il fatto che si tratti di materiali non molto diffusi e il cui costo è più alto di quelli di origine petrolchimica può provocare problemi.

Sta al buon senso dei Governi che devono recepire la Direttiva creare le giuste leve economiche per incentivare la diffusione di materiali davvero sostenibili senza che ciò implichi una spesa esagerata per i consumatori.

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Francesco Marica

Consulente Ambientale

Appassionato di gestione ambientale ho voluto farla diventare la mia professione.

Articolo aggiornato il 05/03/2024