Economia Circolare

La Performance Economy e le affinità con l’Economia Circolare

Cos'è la Perfomance Economy? Quali sono i rapporti di parentela, di interdipendenza e collegamento con l'economia circolare? In questo articolo affronto un tema che riguarda direttamente il futuro di tutte le aziende. Scopri perché

marco battaglia sfridoo

Marco Battaglia

CEO e Co-Fondatore

cos'è la performance economy

La Performance Economy

Cos’è la Performance Economy? Mi sono imbattuto nell’ “economia basata sulle performance” sin dall’Università. Questo termine riesce a spiegare in modo ottimale ciò che per me poco tempo fa non trovava una definizione in letteratura. Sin dai tempi della formazione come architetto, la professione indirizza il progettista nell’approcciare ai materiali utilizzati con uno sguardo critico verso le “performance” dei prodotti proposti e utilizzabili nella realizzazione del cantiere. La curiosità mi ha portato ad approfondire questo tema legato all’ineluttabile. Al passare del tempo e all’utilizzo e al consumo degli oggetti: all’economia circolare.

Studiando i modelli e le teorie, fondamentali per quel sub-strato su cui il concetto di Economia Circolare affonda le proprie radici, la Performance Economy mi ha decisamente sorpreso come concetto. Potrà sembrare banale e ovvia a un primo sguardo ma l’innovazione che porta con se’ è innegabile, introducendo nuovi modelli di business legati alla vendita del prodotto come servizio, dando il via a ciò che oggi possiamo definire come la Responsabilità Estesa del Produttore. Ma vediamo meglio questi concetti affrontati caso per caso.

Definizione di Performance Economy

Tutto nasce dal collega Walter Stahel, esperto di sostenibilità ambientale, architetto e padre dell’espressione “Cradle to Cradle” – dal suo famoso testo “Jobs for Tomorrow” – che nel libro “Performance Economy” esplora il termine e ne detta le caratteristiche principali, all’insegna della filosofia “reuse, repair, remanufacture, upgrade technologically“.

Per Stahel la Performance Economy consiste in un’economia che pone al centro la “vendita di beni e molecole come servizio o nella fornitura di garanzie di funzionamento“, dunque di performance. La PE è il modello di business più sostenibile dell’Economia Circolare, sostiene Stahel, in quanto internalizza la responsabilità dei costi di produzione, dei rischi e dei rifiuti, riducendo i costi di transazione, aumentando le opportunità di profitto, traendo vantaggio da soluzioni di sufficienza, sistema ed efficienza.

Le soluzioni basate sulla “sufficienza” non sono contemplate ad oggi nella struttura economica lineare. Pensateci bene. Parliamo mai di soluzioni sufficienti? Parliamo sempre di crescita, ottimizzazione ed eccellenza. Nella sufficienza si basa il nuovo concetto di economia circolare e Stahel pone esempi a riguardo come: l’utilizzo di pecore nei vigneti al posto degli erbicidi, i packaging delle borse realizzati con gli stessi materiali contenuti nelle borse, l’utilizzo di praterie naturali evitando l’utilizzo continuo di tosaerba e ingente bisogno d’acqua, e così via…

La visione di Walter Stahel sulla Performance Economy

Lo stesso Stahel sostiene che l’economia circolare dovrebbe essere considerata un quadro dentro il quale si muovono diversi approcci più specifici che gravitano attorno a principi base. Proprio ciò che anche io sostengo nella promozione dei principi dell’economia circolare: un cappello olistico sotto il quale materie e competenze specifiche concorrono agli obiettivi circolari.
Il libro “Performance Economy” in cui viene riportato, per esteso, il concetto, si suddivide in 4 capitoli principali in cui l’architetto affronta i temi del “prodotto come servizio”, della “performance” degli oggetti e della sostenibilità:

  • Cap.1 Producing Performance – dove Stahel propone la nuova metrica del rapporto valore/peso (dunque € per kg) per misurare la creazione di ricchezza in relazione al consumo di risorse;
  • Cap.2 Selling Performance – dove presenta i modelli di business che consentono agli imprenditori di raggiungere sinergie, sfruttando proficuamente gli obiettivi di incremento del lavoro, aggiunta di valore e consumo di risorse ridotto;
  • Cap.3 Managing Performance over Time – qui Stahel introduce la nuova metrica del rapporto input/peso di lavoro (ora -uomo per kg) per misurare la creazione di posti di lavoro in relazione al consumo di risorse, mettendo in evidenza i modi per aumentare radicalmente questo rapporto preservando il valore. I modelli di business utilizzati si concentrano sull’estensione della durata di servizio di beni, componenti e infrastrutture attraverso il riutilizzo, la rigenerazione e l’aggiornamento tecnologico;
  • Cap.4 Sustainability and the Performance Economy.
Circular-Economy

Nella Performance Economy gli attori giocano sul piano del “risultato“, piuttosto che sul prodotto e sulla produzione di oggetti. Facendo così, la vendita dell’uso dei prodotti come servizio massimizza i profitti sfruttando soluzioni di efficienza e sufficienza: prolungando perciò la vita utile degli oggetti il più a lungo possibile.

Se vuoi approfondire l’argomento, il libro di Stahel lo trovi su Amazon qui.

Il caso Philips e il Pay-per-lux

Philips, la famosa azienda di illuminotecnica e apparecchiature medicali, assieme allo studio dell’architetto Thomas Rau – autore del libro “Material Matters” e della società da lui creata, Turntoo – hanno creato uno dei casi studio più famosi sul tema della Performance Economy. Un abbonamento “alla Netflix” sul servizio elettrico.

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Dunque ora mi chiederete, cosa cambia rispetto al pagamento di una bolletta?

Il processo tra Rau e Philips si poggia su una filosofia molto diversa rispetto al semplice pagamento rateizzato di un servizio. Rau stesso racconta che la proposta a Philips fu completamente ribaltata:

“Dissi a Philips ‘Sentite, io ho bisogno di tante ore luce nei miei locali durante l’anno. Se pensate che per avere la luce io abbia bisogno di una lampada, o di elettricità, o qualsiasi altra cosa, per me va bene. L’importante è che io non abbia mai a che fare con questi strumenti. Non sono interessato al prodotto, ma esclusivamente alle sue prestazioni. Voglio comprare la luce, e nient’altro.” Thomas Rau

Thomas Rau pay per lux sfridoo

Con questa frase, Rau, segna il grande cambio di paradigma che il modello di business “Product as a service” determina nei principi dell’economia circolare.
Philips, dunque, ha realizzato per RAU Architects: progetto, impianti e piani di manutenzione ottimali, al punto da costruire un sistema facile da mantenere nel medio-lungo periodo e un modello che approcciasse alla “sufficienza” studiando il maggior utilizzo di luce solare, evitando così costi sul servizio, sprechi e surplus energetici (aumentando, di conseguenza, le marginalità di vendita).

Come Philips ha affrontato la performance economy

Il team che Philips ha messo in campo ha così installato un sistema di LED a soffitto adatto agli uffici, con un sistema combinato di sensori e controller che contribuiscono a ridurre al minimo il consumo di energia, attenuando o illuminando in risposta al movimento o alla presenza di luce diurna.

Philips mantiene perciò la proprietà degli asset installati negli uffici dell’architetto Rau, gestendo così il valore potenziale e residuo della materia negli oggetti utilizzati per somministrare il servizio. Inoltre, l’azienda ha la responsabilità della manutenzione e dell’assistenza, nonché della possibilità di adattare o aggiornare la configurazione con il produttore in grado di recuperare i materiali, qualora fosse necessario. Dopo il successo di questo primo progetto, avendone compreso il potenziale “disruptive”, Philips ha avviato e sviluppato una linea di business con questo modello, ottimizzando il servizio e la gestione dello stesso.

Hai mai pensato che questo modello possa funzionare anche per la tua azienda?

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Marco Battaglia

CEO e Co-Fondatore

Classe 1988, si occupa degli aspetti di divulgazione e di comunicazione/marketing inerenti al tema dell'Economia Circolare

Articolo aggiornato il 06/12/2023