Sottoprodotti

Cos'è un sottoprodotto: esplora la differenza tra sottoprodotto e rifiuto e la differenza tra sottoprodotto e materia prima seconda. Scopri gli esempi di sottoprodotti e come compilare la scheda tecnica del tuo sottoprodotto.

Cos’è un sottoprodotto

Viene considerato sottoprodotto, la materia che rispetta i requisiti contenuti nell’art. 184-bis del D. Lgs. 152/06.

Le condizioni elencate sono quattro:

  • La materia originata dal processo non rappresenta lo scopo primario del processo stesso;
  • La materia verrà utilizzata successivamente all’interno dello stesso sistema produttivo che l’ha generata o in altri processi di produzione/utilizzazione;
  • La materia è utilizzata senza subire ulteriori processi di lavorazione rispetto alla normale pratica industriale;
  • La materia verrà utilizzata in maniera legale e senza apportare danni alla salute dell’uomo e dell’ambiente.

È fondamentale ricordare che nel caso in cui la materia perda anche solo uno dei requisiti appena elencati, in uno o più passaggi del processo di lavorazione, non potrà più essere considerata sottoprodotto, ma diventerà un rifiuto e come tale verrà gestita.

Differenze tra sottoprodotto, prodotto, rifiuto e mps

Per comprendere in maniera più approfondita cos’è un sottoprodotto e le sue caratteristiche, è necessario evidenziare le principali distinzioni con altri elementi che, essendo simili a questo tipo di materia, possono a livello di gestione aziendale creare molta confusione.

Differenza tra sottoprodotto e prodotto

Il distinguo principale risiede nello scopo che i due elementi hanno. 

Infatti, il prodotto, inteso come risultato finale di un processo di lavorazione, rappresenta lo scopo del processo stesso.

Mentre all’interno della normativa ambientale, si dichiara che “la materia definita come sottoprodotto non può rappresentare lo scopo del processo di lavorazione che l’ha generata”.

Per tale motivo, questi due elementi sono diversi, ma allo stesso modo difficili da identificare, perché ciò che non è prodotto finito, è potenzialmente un sottoprodotto, in base ai singoli casi.

Differenza tra sottoprodotto e rifiuto

La differenza tra queste due risorse può risultare difficile a primo impatto, ma la normativa fa chiarezza sull’argomento.

Il rifiuto, per la normativa ambientale, è definito come “quella sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate all’interno del D. Lgs. 152/06 e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi.”

Lo scarto – o sfrido – quindi, se rientra nelle categorie riportate dalla normativa e se non rispetta i requisiti fondamentali del TUA, verrà etichettato come derivante da un processo di lavorazione concluso e per questo motivo catalogato come rifiuto.

Inoltre, è fondamentale tener presente che la distinzione tra sottoprodotto e rifiuto va verificata durante tutta la filiera, in quanto un sottoprodotto può diventare in qualsiasi momento un rifiuto.

Questa situazione si verifica al decadimento di uno o più dei requisiti previsti dalla normativa.

Differenza tra sottoprodotto e materia prima seconda (mps)

L’ultima grande distinzione è quella tra sottoprodotto e materia prima seconda (mps).

La mps, secondo la normativa, è “quel materiale costituito da scarti di lavorazione di materie prime, le quali hanno subito trattamenti di recupero per essere trasformate in nuove risorse”.

Partendo da questa definizione, è evidente che la mps non può essere considerata un sottoprodotto in ottica di End of Waste.

Perché, come spiegato all’interno del TUA, “una materia può essere considerata un sottoprodotto se utilizzata senza subire ulteriori processi di lavorazione rispetto alla normale pratica industriale.”

Perché è importante conoscere i sottoprodotti

La gestione degli scarti di produzione sta diventando sempre più complessa per le aziende, che spesso, non possedendo le competenze, i processi e le risorse necessarie, sono costrette a portare avanti rare e infruttuose azioni di controllo.

Nella maggior parte dei casi le imprese si limitano a sovraccaricare il deposito temporaneo e a procrastinare l’attività subendo danni sia a livello economico sia gestionale.

Questo è un segnale preoccupante, al quale però le aziende possono porre rimedio, formandosi e raggiungendo un livello tecnico di comprensione più approfondito.

Un processo di apprendimento che parte dalla creazione di partnership con attività specializzate che possono dare il giusto supporto per entrare in un network di aziende interessate allo scambio di sottoprodotti.

Vantaggio aziendale

Conoscere cosa sono i sottoprodotti anche dal punto di vista della normativa, come individuarli e come gestirli, permette alle aziende di trarre il massimo beneficio e vantaggio economico dai propri avanzi industriali.

È importante ricordare che lo scarto classificato come rifiuto è un costo che le aziende produttrici devono sostenere.

Un residuo di produzione classificato come sottoprodotto, al contrario, rappresenta per l’azienda un ricavo: un nuovo asset di cui prendersi cura e che porta flusso di cassa in entrata.

Comprendendo questa piccola ma fondamentale differenza, le aziende possono ampliare notevolmente la propria rete di contatti e creare nuove relazioni strategiche.

Impegnarsi nella valorizzazione dei sottoprodotti non porta solo a un vantaggio economico, ma dà benefici soprattutto di natura ambientale e sociale.

Difatti, il re-impiego degli scarti, porta alla creazione di processi virtuosi di Economia Circolare e alla creazione di relazioni con altre aziende in ottica di Simbiosi Industriale.  

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Regolamentazione dei sottoprodotti industriali in Italia

La normativa sui sottoprodotti in Italia è rappresentata dal decreto legislativo numero 152 del 2006, conosciuto anche come TUA (Testo Unico Ambientale).

All’interno del decreto, l’articolo 184-bis descrive i quattro requisiti che uno scarto deve avere per essere considerato un sottoprodotto.

Il TUA presentava profili di incertezza che allontanavano gli addetti ai lavori dal valutare i propri residui di produzione come sottoprodotti.

Tra i principali limiti del decreto lgs 152/06, erano presenti indicazioni poco chiare dal punto di vista delle procedure, che allungavano inutilmente i processi, e diverse clausole di difficile interpretazione come quelle legate alla “certezza di utilizzo” e alla riconducibilità del trattamento alle “normali pratiche industriali”.

A supporto dell’attuale testo normativo, dunque, il 13 ottobre 2016 è stato introdotto in gazzetta ufficiale il decreto ministeriale n. 264, volto a fornire chiarimenti.

Attraverso il DM 264/16 vengono segnalate quali modifiche apportare per dare disposizioni più precise agli operatori, all’amministrazione e agli enti di controllo.

Grazie a questa implementazione a livello di normativa si possono qualificare e classificare con più precisione i sottoprodotti industriali.

Regolamentazione dei sottoprodotti in Europa

A livello europeo, invece, la normativa sui sottoprodotti segue il testo della direttiva 2008/98/CE.

Questa direttiva è stata introdotta con lo scopo di:

  • Definire un quadro giuridico per il trattamento dei rifiuti all’interno dell’Unione Europea (UE);
  • Stabilire una gerarchia dei rifiuti unica per tutti i paesi facenti parte dell’UE;
  • Proteggere l’ambiente e la salute umana, evidenziando le tecniche adeguate per la gestione, il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti.

All’interno del testo normativo sono anche presenti diversi punti chiave, come il concetto di responsabilità ambientale, di responsabilità estesa del produttore, la gestione dei rifiuti pericolosi, dei Rifiuti Speciali, gli obiettivi di riciclaggio e recupero a livello europeo e la differenza tra sottoprodotto e rifiuto.

L’Europa promuove la Simbiosi Industriale

Grazie all’introduzione D. L. 116 del 2020 è stato possibile aggiornare la direttiva europea 2008/98.

All’interno del nuovo decreto è evidente come l’Europa abbia deciso di porre i sottoprodotti e la simbiosi industriale come un elemento strategico per favorire e implementare l’uso efficiente delle risorse e per attuare la transizione verso l’economia circolare.

Tale agevolazione a livello di normativa, viene così spiegata all’interno del testo di legge, precisamente nel comma 1 dell’articolo 184-ter:

“Possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti garantendo un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana favorendo, altresì, l’utilizzazione attenta e razionale delle risorse naturale dando priorità alle pratiche replicabili di simbiosi industriale.

All’adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti  del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformità a quanto previsto dalla disciplina comunitaria.”

Gestione e contrattualistica

La parte di gestione e di documentazione dei sottoprodotti viene regolamentata anch’essa all’interno del DM 264 del 2016.

Per prima cosa, è fondamentale notare come la scelta compiuta dal legislatore sia stata quella di non prevedere alcun strumento necessario per dimostrare i requisiti contenuti nella normativa.

Viene, infatti, data autonomia al produttore, limitatamente ai vincoli del proprio settore, di scegliere gli strumenti da utilizzare per l’individuazione del sottoprodotto, sia che essi siano quelli indicati dalla normativa, sia che essi siano procedure già utilizzate all’interno dell’azienda.

Mentre, per la parte di gestione del sottoprodotto, le indicazioni a livello di norma sono differenti.

Come gestire un sottoprodotto?

Nel DM n. 264 del 2016, viene illustrato come la responsabilità della gestione del sottoprodotto passi lungo tutta la sua filiera.

Ciascun soggetto che entra in contatto con il sottoprodotto è tenuto a dimostrare, in base alle sue disponibilità e conoscenze, che la risorsa sta mantenendo i requisiti richiesti dalla normativa.

Nel momento in cui, all’interno della filiera, il residuo perde uno dei requisiti fondamentali, sarà l’operatore che lo sta possedendo a diventa proprietario dell’”ex sottoprodotto”, il quale diventerà per legge un rifiuto. 

Inoltre, verrà meno la responsabilità dei detentori precedenti, rispetto a eventi che hanno contribuito alla perdita dei requisiti.

L’importanza della scheda tecnica sottoprodotto

Attualmente l’unico documento riconosciuto per dimostrare le condizioni presenti all’interno della normativa ambientale è la scheda sottoprodotto (o scheda tecnica sottoprodotto). 

Questa scheda è un atto di tipo tecnico che rientra nella documentazione contrattuale dei sottoprodotti, la cui compilazione non è obbligatoria.

Le aziende infatti sono libere di utilizzare questo strumento, con l’unico limite che il documento deve essere vidimato presso la Camera di Commercio competente.

Perché compilare la scheda tecnica?

Sebbene la compilazione di questo documento sia su base volontaria, redigere la scheda sottoprodotto fornisce diversi vantaggi, non solo legati alla tracciabilità della materia, ma anche per capirne i processi e tenere traccia dei soggetti che ne sono entrati in possesso.

In particolare, la scheda sottoprodotto permette di:

  • individuare con precisione i soggetti che operano nell’ambito della gestione del sottoprodotto;
  • tracciare in maniera capillare il processo di produzione da cui si origina il residuo;
  • rendere chiare le specifiche tecniche del materiale che deve essere utilizzato;
  • dare trasparenza sulle modalità di gestione della materia.

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Come compilare la scheda sottoprodotto?

Una volta che il produttore decide di compilare la scheda sottoprodotto, al suo interno deve inserire specifiche informazioni.

Dati sui processi, sulle caratteristiche del sottoprodotto, sugli intermediari, sono utili a fornire una panoramica chiara e soprattutto sono indispensabili per verificare il sussistere delle condizioni contenute nell’art-184 bis del D. Lgs 152/06.

Sintetizzate, le informazioni che la scheda sottoprodotto deve contenere sono:

  • descrizione e caratteristiche del processo di produzione;
  • indicazione dei materiali in uscita dal processo di produzione;
  • tipologia e caratteristiche del sottoprodotto e modalità di produzione;
  • tipologie di attività o impianti di utilizzo idonei a utilizzare il residuo;
  • impianto o attività di destinazione;
  • riferimenti di eventuali intermediari;
  • modalità di raccolta e deposito del sottoprodotto;
  • indicazione del luogo e delle caratteristiche del deposito e di eventuali depositi intermedi;
  • tempo massimo previsto per il deposito, a partire dalla produzione fino all’impiego definitivo;
  • descrizione delle tempistiche e delle modalità di gestione finalizzate ad assicurare l’identificazione e l’utilizzazione effettiva del sottoprodotto;
  • conformità del sottoprodotto rispetto all’impiego previsto.

Esempio di scheda sottoprodotto

Facendo un esempio pratico di come strutturare e compilare la scheda tecnica sottoprodotto, vediamo quali sono le cinque aree da inserire nel documento:

  • anagrafica del produttore;
  • informazioni sul sottoprodotto;
  • tempi e modalità di deposito e movimentazione;
  • organizzazione e continuita’ del sistema di gestione;
  • sottoscrizione / dichiarazione di conformità.

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Elenco sottoprodotti e tipologie

La lista delle risorse classificate come sottoprodotti è in costante aggiornamento, conseguenza del fatto che le istituzioni, come le regioni, stanno considerando e integrando sempre più questo tipo di elemento all’interno delle proprie politiche ambientali.

Di pari passo, si registra anche un aumento delle aziende interessate a questo tipo di opportunità e un volere crescente nel fare network.

Per reperire una lista aggiornata dei sottoprodotti, esiste un portale dedicato, della Camera di Commercio d’Italia, chiamato “Elenco dei Produttori e Utilizzatori di Sottoprodotti”.

All’interno di questo database è possibili ricercare specifiche categorie di sottoprodotti tramite codice ATECO, con riferimenti diretti alle aziende produttrici e utilizzatrici.

Esempi e principali industrie di sottoprodotti

Le tipologie di sottoprodotto sono diverse e vengono divise in gruppi identificati tramite codice ATECO.

Alcune industrie produttrici/utilizzatrici di sottoprodotti sono:

  • industria tessile
  • industria agroalimentare
  • industria della produzione di alcolici
  • industria allevamento di animali
  • industria mineraria
  • industria cartaria
  • industria del tabacco
  • industria chimica
  • industria dell’edilizia e arredamento
  • industria della plastica
  • industria metallurgica
  • industria medicale
  • industria sportiva
  • industria del trasporto e logistica

All’interno del database della Camera di Commercio d’Italia, puoi trovare la lista completa e dettagliata dei settori.

Caso studio reale

Un caso studio virtuoso incentrato sulla valorizzazione dei residui industriale è quello che ha conivolto il team di Sfridoo e un’azienda partner facente parte del network della startup.

Nello specifico il sottoprodotto che si è andato a recuperare sono i fanghi di rettifica, uno dei principali scarti derivante dalla lavorazione meccanica di superfici metalliche.

Ecco alcuni dati interessanti sul progetto:

  • Un risparmio degli olii utilizzati nelle lavorazioni meccaniche del 70%;
  • Un abbattimento dei costi del 60% per le spese delle tele di filtraggio;
  • Miglioramento dell’efficienza del processo.

Numeri importanti che hanno permesso all’azienda di avere un enorme vantaggio economico all’interno dei propri processi e un vantaggio competitivo sui propri competitors di settore.

I soggetti coinvolti nella gestione dei sottoprodotti

All’interno del sistema di gestione del sottoprodotto, vengono presi in causa tre soggetti:

  • Il primo è l’azienda produttrice, la quale produce il sottoprodotto;
  • Il secondo è l’azienda utilizzatrice, la quale utilizza il sottoprodotto all’interno dei suoi processi;

L’intermediario sottoprodotti: chi è e cosa fa

L’attore di fondamentale importanza è l’intermediario sottoprodotti, una figura che può anche contribuire a supportare il soddisfacimento di alcuni requisiti circa la sussistenza della qualifica di sottoprodotto, ovvero:

  • Dà prova dell’esistenza di rapporti o impegni contrattuali tra le parti interessate (il produttore e l’utilizzatore);
  • Attesta la responsabilità del produttore in relazione alla gestione del sottoprodotto solo nelle fasi precedenti alla consegna.

Il triplice ruolo dell’intermediario

Per comprenderne meglio il ruolo, l’intermediario sottoprodotto lo si può definire prendendo in considerazione tre differenti chiavi interpretative, che sono:

  • Intermediario come “facilitatore”, ovvero il soggetto terzo che si interfaccia con entrambe le parti, ne comprende le necessità e compie azioni di analisi, per trovare il giusto collegamento, tenendo a mente gli obiettivi di entrambe le aziende.
  • Intermediario come referente aziendale, nei casi in cui il servizio venga dato in outsourcing, il quale ha il compito di selezionare i migliori produttori e utilizzatori di sottoprodotti creando gli accordi commerciali più vantaggiosi.
  • Intermediario come commerciante, che acquista sottoprodotti, li stocca presso il proprio magazzino e poi li rivende agli utilizzatori finali. In questo caso, l’intermediario funge da “cuscinetto” rispetto alle esigenze di produzione e di utilizzo del processo produttivo.

Avendo l’intermediario varie sfaccettature, non bisogna mai confondere la sua figura con quella dell’intermediario rifiuti, che è invece il soggetto preposto alla gestione dei rifiuti da parte delle aziende.

Il ruolo dell’azienda produttrice e l’azienda utilizzatrice

Il lavoro dell’intermediario sarebbe vano se non ci fossero le aziende a voler vendere e acquistare i sottoprodotti.

Quando si parla di sottoprodotti, distinguiamo due grandi tipologie di aziende: produttrici e utilizzatrici.

Le aziende produttrici sono quelle attività che decidono di gestire il proprio scarto di produzione come un sottoprodotto e quindi di mettere in atto tutte le linee guida a livello normativo per dare allo scarto questa qualifica.

Le aziende utilizzatrici sono invece quelle che possono e/o vogliono utilizzare i sottoprodotti nei propri processi di produzione, in integrazione e/o sostituzioni di materie prime vergini o semilavorati.

Quali vantaggi hanno i sottoprodotti per le aziende

I sottoprodotti, come accennato in precedenza, sono un vero e proprio asset aziendale.

Sono risorse che se sfruttate nel modo corretto possono portare numerosi vantaggi ai business coinvolti.

Per questo motivo, quando si tratta di sottoprodotti, parliamo di quella che viene indicata come win-win situation, ovvero una situazione dove entrambe le parti traggono un guadagno dall’operazione eseguita.

Infatti, l’azienda produttrice potrà guadagnare dalla vendita dello scarto derivante dai propri processi.

Mentre l’azienda utilizzatrice potrà risparmiare acquistando una materia prima a un costo inferiore.

Quali benefici hanno i produttori di sottoprodotti?

Chi produce sottoprodotti ha diversi vantaggi, che sono:

  • Miglioramento dell’immagine green aziendale. Chi prende a cuore la gestione dei sottoprodotti, sta prima di tutto lanciando un messaggio di sostenibilità ambientale ai propri stakeholder.
  • Azzeramento dei costi di smaltimento. Chi vende i propri sottoprodotti annulla i costi di smaltimento derivanti dagli scarti di lavorazione e guadagna dalla loro vendita.
  • Creazione di collaborazioni e partnership per il proprio network. Produrre e vendere sottoprodotti porta le aziende a stringere relazioni commerciali per creare alleanze virtuose in ottica di simbiosi industriale.
  • Diminuzione dei residui di produzione destinati a diventare rifiuti, grazie alla ricerca di un nuovo impiego dei residui all’interno di nuove filiere.
  • Coerenza con le dinamiche di Economia Circolare e di re-using. Chi gestisce i propri sottoprodotti, fa affidamento ai principi dell’Economia Circolare, reimmettendo nel sistema una nuova materia prima non vergine che altri business possono utilizzare.

Quali benefici hanno gli utilizzatori di sottoprodotti?

Anche chi decide di utilizzare i sottoprodotti nei propri processi ha diversi vantaggi, che sono:

  • Aumento del contenuto di materiale recuperato nei prodotti finiti, rendendo il prodotto stesso più sostenibile.
  • Ottenimento di sgravi fiscali, equivalenti all’impegno messo in campo.
  • Raggiungimento di ottimi vantaggi competitivi e distinzione dalla concorrenza grazie al soddisfacimento degli standard di settore.
  • Creazioni di collaborazione e partnership per il proprio network, in ottica di simbiosi industriale.
  • Diminuzione dei costi della materia prima utilizzata, altamente performante.
  • Individuazione di nuove opportunità di business, derivanti dalla creazioni di prodotti più sostenibili, da nuove linee di prodotto, da certificazione e brevetti sui processi innovativi testati.
  • Ottimizzazione del processo produttivo, valorizzazione e protezione della filiera e della fornitura.

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